Amministrativo

La revisione dei prezzi in un contratto di partenariato pubblico privato nelle more tra aggiudicazione e sottoscrizione del contratto. Quid juris?

In ambito di appalti pubblici sono noti a tutti gli interventi normativi degli ultimi mesi che tentano di contrastare le inevitabili ripercussioni negative legate all'aumento dei prezzi delle materie prime e ai rincari dei fattori energetici attraverso il meccanismo della modifica di cui all'art. 106 del D.Lgs. n. 50 del 2016

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di Samantha Battiston*

La ben nota crisi economica conseguente alla Pandemia da Covid 19 a cui si è recentemente aggiunto anche il conflitto bellico in Ucraina ha determinato il sorgere di una serie di problematiche legate alla possibilità di procedere ad una rinegoziazione dei termini contrattuali tra Pubblica amministrazione e soggetto privato e ciò non solo quando si è in presenza di appalti di lavori ma anche qualora intenzione delle parti sia la costituzione di un rapporto di partenariato nelle forme di cui all'art. 180 e seguenti del D.Lgs. n. 50 del 2016 .

In ambito di appalti pubblici sono noti a tutti gli interventi normativi degli ultimi mesi che tentano di contrastare le inevitabili ripercussioni negative legate all'aumento dei prezzi delle materie prime e ai rincari dei fattori energetici attraverso il meccanismo della modifica di cui all' art. 106 del D.Lgs. n. 50 del 2016.

Ci si riferisce nella specie agli interventi normativi di cui al D.L. 27 gennaio 2022 n. 4 c.d. "Decreto Sostegni-ter" che impone l'inserimento obbligatorio delle clausole di revisione dei prezzi nei contratti. L'obbligo è previsto sino al 31 dicembre 2023 e l'obiettivo perseguito è l'incentivazione degli investimenti pubblici, al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale derivante dalla diffusione della pandemia da Covid-19.

Tali meccanismi, tuttavia, hanno una portata limitata e lasciano aperta la problematica afferente alle gare già aggiudicate ma i cui contratti non sono stati ancora sottoscritti. Certamente a tale fattispecie saranno applicabili i principi richiamati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea allorquando sostiene che la parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un contratto di concessione, l'amministrazione aggiudicatrice concedente e il concessionario apportino alle disposizioni contrattuali modifiche tali da determinare caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle del contratto iniziale.

Ciò però accade solo quando le modifiche consentono di estendere il rapporto negoziale, in modo considerevole, ad elementi non previsti; di alterare l'equilibrio economico contrattuale in favore dell'aggiudicatario; di rimettere in discussione l'aggiudicazione, nel senso che, "se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, sarebbe stata accolta un'altra offerta oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi ( Corte di Giustizia UE, sez. VIII, 07/09/2016 e Corte giustizia Unione Europea, Sez. V, 18/09/2019, n. 526/17 ).

In applicazione di tali principi la giurisprudenza amministrativa ha aperto la strada alla possibilità di procedere alla modifica del contratto; con la sentenza del TAR Toscana n. 228 del 25/02/2022 , ad esempio, viene ammessa la modifica delle condizioni contrattuali in presenza di circostanze imprevedibili intervenute nella fase tra aggiudicazione e stipula del contratto. Il Collegio toscano, infatti, dopo aver richiamato i principi eurocomunitari sopra esposti, ha ribadito che tali "principi affermati dalla Corte di Giustizia hanno trovato attuazione nelle direttive e poi nella disciplina interna prevista dal codice dei contratti pubblici il quale, in particolare, all'art. 106 ha fra l'altro esemplificato quelle che sono le modifiche sostanziali incompatibili con la trasparenza e la par condicio".

Occorre poi non dimenticare il fatto che la disciplina dei partenariati pubblico privati prevede una elasticità ancora maggiore in tema di rinegoziazione delle condizioni contrattuali ciò in quanto si tratta di fattispecie in cui il trasferimento in capo al concessionario del rischio operativo non lo rende un negozio con causa aleatoria, come affermato anche dal Consiglio di Stato con sentenza del 19/08/2016 n. 3653 , tanto che sono previsti specifici rimedi volti a rideterminare l'equilibrio economico finanziario in presenza di determinate circostanze.

La sentenza sopra citata estende l'applicazione di questi principi anche qualora le sopravvenienze che possono determinare le modifiche negoziali di riequilibrio siano intervenute antecedentemente alla stipula del contratto.

Del resto, è pacifico che sia da ricondurre a causa di forza maggiore una situazione eccezionale ed imprevedibile (e quindi non ascrivibile nemmeno ad un ordinario rischio operativo) derivante non solo dalla crisi pandemica ma altresì dalla guerra in Ucraina.

Di diverso avviso è però il TAR Puglia Lecce che, con sentenza n. 379 del 07/03/2022, sostiene che si dovrebbe distinguere la posizione che assume l'aggiudicatario prima della stipula da quella che assume successivamente quando diventa a tutti gli effetti un concessionario. In tale sentenza si evidenzia come la possibilità di modificare il contratto di concessione ovvero di rinegoziarlo sarebbe legittima ma solo dopo la effettiva stipula.

Ulteriori considerazioni che fanno però propendere verso la soluzione offerta dal Tribunale toscano possono essere svolte pensando alle disposizioni che, nell'ambito del codice dei contratti pubblici, richiamano i principi civilistici come, ad esempio, il comma 8 dell'art. 30 del D.Lgs. n. 50 del 2016 allorquando prevede espressamente che alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile legittimando l'applicazione dei principi di cui all'art. 1467 c.c. e dell'art. 1664 c.c. che consentono la rinegoziazione del contratto laddove elementi imprevedibili rendano non più conveniente la sua sottoscrizione da parte dell'operatore economico.

Certo è pur vero che in ambito pubblicistico devono essere applicati anche i principi di economicità, contenimento della spesa pubblica e di effettività dell'interesse pubblico sotteso alla corretta esecuzione contrattuale ragion per cui si può ritenere che la possibilità di procedere ad una revisione negoziale prima della sottoscrizione debba tendere sempre e comunque a salvaguardare l'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera o erogazione del servizio evitando, al contempo, di esporre l'amministrazione alla possibilità di subire aumenti incontrollati dei corrispettivi tali da stravolgere il quadro economico finanziario dell'intera operazione in partenariato.

In presenza di tali condizioni, ovvero evitando che si possa giungere ad un azzeramento del rischio operativo che deve essere assunto dall'operatore economico privato in un partenariato pubblico privato, sarà legittima una revisione del contratto prima della sua sottoscrizione.

Del resto, è necessario considerare che la revisione dei prezzi è sempre prevista nei contratti ad esecuzione continuata e periodica come quello in esame ove non snatura la funzione aleatoria tipica del contratto di durata ma tende ad evitare il pericolo rappresentato dall'alterazione del sinallagma contrattuale.

La rinegoziazione del contratto è stata inoltre riconosciuta anche dalla Corte di Cassazione che ha recentemente evidenziato come, in generale, la pandemia (e oggi la drammatica crisi Ucraina) abbia messo in luce che "il principio della vincolatività del contratto – in forza del quale pacta sunt servanda – debba essere contemperato con l'altro principio del rebus sic stantibus, qualora per effetto di accadimenti successivi alla stipulazione del contratto o ignoti al momento di questa o, ancora, estranei alla sfera di controllo delle parti, l'equilibrio del rapporto si mostra sostanzialmente snaturato.

Ciò, peraltro, anche in assenza di specifiche clausole al riguardo, in nome del generale principio di "buona fede", che ha valore d'ordine pubblico e si colloca tra i principi fondanti del nostro ordinamento sociale.

La "buona fede", infatti, impone un comportamento corretto e cooperativo fra le parti al fine di favorire il compimento del risultato negoziale, anche attraverso la disponibilità a riallinearne il contenuto alle mutate circostanze. Pertanto, la "buona fede" può salvaguardare il rapporto economico che le parti avevano originariamente inteso porre in essere, imponendo la rinegoziazione del contratto che si sia squilibrato, al fine di favorirne in tal modo la conservazione" (cfr. Relazione della Corte di Cassazione n. 56/2020).

Concludendo queste brevi note la scrivente ritiene che sia legittimo consentire una rinegoziazione anche in caso di partenariato pubblico privato nelle more tra aggiudicazione della gara e sottoscrizione del contratto pur chiarendo che sarà però necessario stabilire in modo chiaro e prudenziale i termini della necessaria rinegoziazione che, postulando un evidente accordo tra le parti, in caso di insuccesso porterebbe l'amministrazione ad emettere un provvedimento di revoca fondato su ragioni sopravvenute con tutte le annesse conseguenze.

*A cura dell'Avv. Samantha Battiston, Partner 24 ORE Avvocati

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