Famiglia

La rilevanza fiscale della collazione nella divisione ereditaria: una nuova interpretazione da parte della Cassazione

L'Ordinanza della Cassazione del 3 agosto 2021, n. 22123, propone una lettura innovativa dell'art. 34 TUR, interpretandolo come regola necessariamente da coordinare con le regole civilistiche, per poter poi considerare imponibile secondo i criteri degli atti dichiarativi anche le divisioni che, in presenza di collazione per imputazione, assegnino porzioni che di tale collazione tengano conto

di Stefania Anzelini*

Il caso

Successione con due eredi nella quale la massa ereditaria è 100 e vi sono state donazioni in vita per 100 a favore di un solo erede.
Se il donatario imputa alla sua porzione quanto ricevuto in vita, la massa da dividere spetterebbe interamente all'altro coerede.
Il risultato è coerente con le regole civilistiche del nostro ordinamento, ma sino ad ora non è stato l'esito a cui sono giunte giurisprudenza e prassi amministrativa costanti, che considerano quale massa da dividere solo i beni caduti in successione.
In questo modo si realizza un fittizio conguaglio a favore del coerede donatario e la divisione viene tassata come vendita per la metà del valore della massa ereditaria e cioè, nel nostro caso, per 50.

Quadro normativo di riferimento

Il risultato, evidentemente incongruo, deriva dall'interpretazione dell'art. 34 TUR (Testo Unico Imposta di Registro, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), norma cardine in materia di tassazione della divisione, che sembrerebbe far coincidere la massa da dividere con i beni caduti in successione, il cui valore rappresenta la base imponibile per l'imposta di successione, non tenendo in considerazione quanto il de cuius ha disposto in vita.

La norma, infatti, considera vendita l'eventuale eccedenza che la porzione assegnata risulti avere rispetto alla quota spettante all'assegnatario sulla "massa comune" e individua la massa comune nel "valore alla data della divisione dell'asse ereditario netto".

L'applicazione dell'art. 34 TUR, secondo la lettura tradizionale, ha finito quindi per rifiutare del tutto l'incidenza della collazione per imputazione (ipotesi in cui il condividente ricomprende nella massa ereditaria quanto ricevuto per donazione, imputandone il valore), causando differenze di trattamento stridenti con i principi costituzionali tra le situazioni dei condividenti tenuti a collazione, che abbiano beneficiato in vita di "anticipazioni sulla successione", e quelle dei condividenti che non abbiano ricevuto donazioni dirette o indirette.

Il nuovo orientamento

L'Ordinanza della Cassazione del 3 agosto 2021, n. 22123, sez. V propone una lettura innovativa dell'art. 34 TUR, interpretandolo come regola necessariamente da coordinare con le regole civilistiche, per poter poi considerare imponibile secondo i criteri degli atti dichiarativi (TUR, art. 3, Tariffa, Parte Prima, allegata: nella divisione l'imposta di registro si applica con l'aliquota dell'1 per cento) anche le divisioni che, in presenza di collazione per imputazione, assegnino porzioni che di tale collazione tengano conto.

L'istituto della collazione non trova quindi applicazione nella determinazione della base imponibile, la quale è costituita esclusivamente dall'incremento patrimoniale verificatosi in favore dei successori, senza che assuma alcun rilievo il valore dei beni donati a questi ultimi, il cui assoggettamento a tassazione si tradurrebbe d'altronde in una duplicazione d'imposta, trattandosi di beni sui quali, nella normalità dei casi, è stata già pagata l'imposta sulle donazioni.

La collazione rileva, invece nella determinazione della massa ereditaria e delle quote di diritto spettanti ai singoli eredi, essendo l'atto con il quale gli eredi, discendenti o coniuge del defunto, conferiscono alla massa ereditaria le liberalità ricevute in vita da parte di quest'ultimo, salvo che non siano stati da ciò̀ dispensati.

Ai sensi degli artt. 724 e 725 c.c., la massa da dividere è dunque costituita sia dai beni relitti dal defunto sia dal credito verso l'erede donatario.

L'istituto ha quindi la rilevante funzione di riequilibrare in sede di apertura della successione gli assetti patrimoniali alterati dalle donazioni poste in vita dal de cuius.

____

*A cura di Stefania Anzelini di Milano Notai

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©