Penale

La riparazione del danno vale l’estinzione del reato solo se è spontanea

È ammesso il risarcimento da parte di un terzo, come la compagnia assicurativa

di Giovanbattista Tona

L’estinzione del reato per condotte riparatorie, prevista dall’articolo 162-ter del Codice penale introdotto dalla legge 103 del 2017, pur avendo avuto minore successo applicativo della messa alla prova, può essere uno strumento di composizione dei conflitti sfociati nei giudizi penali.Con la sentenza 2490 del 21 gennaio scorso la Cassazione ha delineato i presupposti di questo istituto.

Come hanno precisato i giudici, le condotte riparatorie dell’imputato devono essere spontanee, a carattere restitutorio o risarcitorio, comunque destinate definitivamente a incrementare la sfera economica e giuridica della persona offesa. Non si può invece considerare integrata la causa estintiva nel caso di sola restituzione del bene sottratto. Né ricorre la causa estintiva quando la riparazione sia avvenuta in esecuzione di un altro provvedimento di condanna, perché mancherebbe il presupposto della spontaneità.

Si applica solo ai reati procedibili a querela soggetta a remissione. Per ciò non è applicabile al reato di atti persecutori commesso con minacce gravi e reiterate, che rientra tra le ipotesi di procedibilità a querela irrevocabile. E ciò anche a prescindere dalla espressa causa di esclusione per lo stalking prevista dall’ultimo comma dell’articolo 162-ter Codice penale (Cassazione 14030/2020).

Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito a offerta reale in base agli articoli 1208 e seguenti del Codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, se per il giudice la somma offerta è congrua. La causa di estinzione si applica anche se il danno sia integralmente risarcito da un terzo (come la compagnia assicuratrice), se sollecitata dall’imputato (Cassazione 10107/2019).

Questo istituto presenta, rispetto alla messa alla prova, una più spiccata connotazione sostanziale. Tuttavia i suoi effetti sono pure condizionati da profili processuali. La riparazione del danno rileva come causa di estinzione se avviene entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado. Questo sbarramento riecheggia quello previsto (per tutti i reati) dalla circostanza attenuante comune dell’articolo 62 n. 6 del Codice penale (l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno o l’essersi adoperato per eliderne le conseguenze). Ma è più preciso: coincide con il momento entro cui si può chiedere il rito alternativo.

I giudici di legittimità hanno escluso che la causa estintiva possa farsi valere dopo l’irrevocabilità della sentenza, proprio perché ha natura sostanziale e il procedimento volto a verificarne la sussistenza, nel prevedere che siano sentiti l’imputato e la persona offesa, presuppone la pendenza del giudizio di cognizione e la presenza delle parti (Cassazione 43278/2019).

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