La società risponde per distacco fittizio dei lavoratori
Nota a margine della sentenza Cass. Pen. Sez. II n. 23921/2020
La Seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 23921/2020, ha confermato la responsabilità di una società per il reato di "truffa in danno dello stato", di cui all'art. 640, co. 2, n. 1, c.p., ai sensi dell'art. 24 del D.lgs n. 231/2001, in quanto la stessa aveva utilizzato 22 lavoratori distaccati, formalmente assunti da una società "fittizia".
In particolare, la società distaccante, emersa essere una sorta di "scatola vuota" priva di mezzi propri, aveva omesso di versare i contributi previsti in modo tale da permettere alla società distaccataria di aumentare l'organico aziendale senza dover sostenere costi aggiuntivi di tipo previdenziale e fiscale.
Inoltre, attraverso tale condotta, la società distaccataria induceva in errore gli enti previdenziali creditori con conseguente ingiusto profitto consistito nell'esonero da responsabilità solidale "nel caso di mancato pagamento di oneri e contributi previdenziali a carico alla "distaccante" e nel risparmio di spesa che quest'ultima aveva ottenuto attraverso la sua precostituita insolvibilità".
Come noto, il distacco del lavoratore si verifica allorquando il datore di lavoro (cd. distaccante), al fine di soddisfare un proprio interesse produttivo, ponga un proprio dipendente, per un dato periodo di tempo, a disposizione di un altro soggetto (cd. distaccatario) per l'esecuzione di una determinata attività lavorativa. Il dipendente viene, in pratica, dislocato presso un altro datore di lavoro, rimanendo però formalmente assunto dal distaccante, il quale rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore. Come chiarito dalla Circolare Ministeriale del Lavoro n. 28 del 24 giugno 2005, il periodo di attività lavorativa del dipendente presso il distaccatario deve essere necessariamente temporaneo.
Nel caso di specie, pur non contestando i fatti accertati, la difesa aveva chiesto alla Suprema Corte l'annullamento della sentenza di condanna in quanto i fatti non erano riconducibili alla fattispecie di cui all'art. 640, comma 2, n. 1, c.p. – truffa ai danni dello Stato – bensì alla violazione delle più lievi disposizioni di cui agli artt. 18 e 30 del D.lgs. 276/2003, noto come Legge Biagi, che regolano l'istituto del distacco del lavoratore. Secondo l'impostazione difensiva "le condotte descritte dagli artt. 18 e 30 D.lgs. 276/2003 e dall'art. 640 comma 2 cod. pen. sarebbero identiche". Al contrario, la Corte non accoglie la tesi difensiva rilevando che nelle prime manca il fine di eludere gli obblighi contributivi e le stesse "hanno come obiettivo esclusivamente quello di tutelare il lavoratore, lasciando fuori dal loro ambito di applicazione quei comportamenti finalizzati all'elusione della contribuzione".
I Giudici di legittimità, nel respingere la tesi difensiva, osservano che il profitto del reato di truffa contestato consiste nel mero risparmio contributivo e previdenziale conseguito dalla società attraverso il distacco fittizio dei dipendenti, senza che questi avessero maturato un solo giorno di lavoro presso la società distaccante, che li aveva formalmente assunti. La società distaccante, costituita al solo fine di stipulare accordi di distacco, era priva di attrezzature, beni e mezzi propri e, pertanto, non in grado di adempiere gli obblighi previdenziali e fiscali. Infatti, a differenza della fattispecie di cui all'art. 640, comma 2, n.1, le norme contenute nel D.lgs. 276/2003 hanno, invece, come obiettivo esclusivo la tutela del lavoratore. Percorrendo l'iter motivazionale della sentenza, infatti, la Suprema Corte, richiamando il dettato dell'art. 28 D.lgs. 276/2003, mette in evidenza come la ratio della Legge Biagi sia quella di sanzionare esclusivamente la violazione di norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicabili al lavoratore, essendo quest'ultimo soggetto meritevole di tutela. Tale interpretazione trova conferma nella Circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 3 dell'11 febbraio 2019 che valorizza la violazione degli obblighi su condizioni lavoro e occupazione, senza fare accenni agli oneri contributivi e previdenziali.
Alla luce di quanto detto fin ora, le condotte contestate "non possono che rientrare nell'ambito di applicazione dell'art. 640 comma 2 n.1 cod. pen., in quanto la finalità della fittizia interposizione è proprio quella di procurarsi un ingiusto profitto (con corrispondente danno per gli enti previdenziali) consistente nel risparmio contributivo, del tutto differente da quella (eventuale) del mancato rispetto della normativa posta a tutela dei lavoratori".
La pronuncia conferma, pertanto, la rilevanza delle condotte di abuso di strumenti quali, in questo caso, l'istituto del distacco, anche ai fini della responsabilità da reato degli enti ex D.lgs. 231/2001. In patricolare, secondo la ricostruzione giurisprudenziale, l'art. 640, comma 2, n. 1, c.p. si presenta quale fattispecie in grado di intercettare le più svariate forme di frode in danno della pubblica amministrazione, imponendo alle Società che adottino un Modello organizzativo ai sensi del D.lgs. 231/2001 di provvedere alla progettazione di procedure, prassi e punti di controllo volti a garantire la trasparenza e la buona fede nei rapporti con la P.A., da un lato, e con i forniori e partner commerciali dall'altro.
Nel caso di specie, in particolare, l'irregolarità della situazione contributiva dei lavoratori avrebbe potuto essere facilmente individuata, ad esempio, grazie a un effettivo scambio di flussi informativi tra le figure aziendali referenti del personale e l'Organismo di Vigilanza nominato ai sensi dell'art. 6, comma 2-bis, lett. b), D.lgs. 231/2001. Inoltre, nell'ambito dei Modelli organizzativi ex D.lgs. 231/2001, non è inconsueto prevedere controlli periodici tracciabili sull'adempimento, da parte dei fornitori di beni o servizi, degli oneri fiscali a proprio carico. Tali accorgimenti, infatti, unitamente alla loro concreta attuazione, avrebbero fatto emergere la reale ragione economica dell'operazione di distacco.