La somma ricevuta va rivalutata per evitare il rischio di accertamento
L’applicazione della normativa in tema di coacervo tra donazioni e in tema di coacervo ereditario dà luogo a una pluralità di complicati profili applicativi. Anzitutto, con riferimento al coacervo tra donazioni, si pone il problema delle donazioni anteriori all’ottobre del 2006. La questione deriva dal fatto che l’imposta di donazione (vigente dal 1° gennaio 1991) è rimasta soppressa tra il 25 ottobre 2001 e il 28 novembre 2006 e poi è stata ripristinata. Ci si chiede dunque se abbia senso effettuare il coacervo tra una donazione stipulata oggi e una stipulata nel periodo di soppressione dell’imposta.
La ragione del dilemma è chiara: nel 2001-2006, quando l’imposta non c’era, non era vigente nemmeno la normativa sulla franchigia e quindi non si poneva il tema del possibile artificioso frazionamento delle donazioni. Inoltre, con riguardo alle donazioni ante 2001, si osserva che il sistema di tassazione era allora totalmente diverso da quello attuale e che, quindi, diviene assai grossolana l’operazione di equiparazione tra una donazione stipulata allora e una donazione stipulata oggi.
Queste ragioni non sono però apprezzate dalla Cassazione, la quale, sul punto, ha tenuto un atteggiamento rigido: con la sentenza n. 16677/2017 (si veda Il Sole 24 Ore del 17 maggio 2017) ha infatti deciso che vi è l’obbligo di fare coacervo tra una donazione stipulata post 2006 e una donazione stipulata nel periodo 2001-2006 (a questa decisione si è di recente allineata anche la Commissione tributaria di 2° grado di Bolzano con la sentenza n. 42 del 20 giugno 2019).
Le successioni
Passando poi al coacervo tra donazioni e successioni a causa di morte (in sostanza, si tratta del cumulo tra ciò che il donante Tizio abbia donato a Tizietto e ciò che il de cuius Tizio abbia lasciato a Tizietto come eredità o come legato), il problema è che l’articolo 8 Tusd appare essere formalmente vigente. Tuttavia, rilevando che il nuovo sistema di tassazione delle successioni introdotto nel 2006 è radicalmente diverso da quello vigente nel 2001, quando l’imposta di successione venne soppressa, la Cassazione (sentenza n. 24940/2016, si veda Il Sole 24 Ore del 28 dicembre 2016) ha deciso che, per questa ragione di incompatibilità il coacervo tra donazioni e successione mortis causa non dovrebbe essere attualmente più vigente. Pertanto, oggi avremmo la vigenza del coacervo tra donazioni ma non avremmo più quello tra donazioni e successione.
Novità dall’Agenzia
L’uso del condizionale è però d’obbligo, in quanto l’agenzia delle Entrate non ha mai aderito alla tesi accolta in Cassazione e tuttora pretende che, nel compilare la dichiarazione di successione, si effettui il coacervo tra donazioni e successione. Non solo, ma proprio in questi giorni pare che l’Agenzia abbia aumentato la sua “pressione”, emanando avvisi di accertamento per “dichiarazione infedele” verso i contribuenti che, seppur adempienti all’obbligo di coacervo, abbiano indicato, in successione, le precedenti donazioni di denaro, effettuate dal de cuius al suo erede, “solo” per il loro valore nominale, senza effettuarne la rivalutazione alla data del decesso (in sostanza, l’Agenzia pretende che la somma donata venga aumentata applicando l’indice Istat che registra la variazione del prezzi al consumo).
Insomma, non solo l’Agenzia ritiene l’articolo 8 Tusd tuttora pienamente vigente, ma lo applica addirittura in un modo completamente inedito in quanto non c’è notizia che in passato la rivalutazione delle donazioni di denaro sia mai stata pretesa.