Società

La valenza interpretativa delle disposizioni del Codice della crisi d'impresa

Le disposizioni del Codice della crisi d'impresa sono idonee a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti dell'attuale Legge fallimentare

di Rossana Mininno

Con il decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 , recante "Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155" (c.d. Codice della crisi d'impresa), il sistema delle procedure concorsuali è stato oggetto di un intervento riformatore organico.

L'obiettivo principale della riforma è quello di consentire - tramite un apposito sistema di segnalazione tempestiva - una diagnosi precoce dello stato di difficoltà dell'impresa, nonché quello di salvaguardare la capacità imprenditoriale, creando le condizioni affinché l'imprenditore possa avviare, in via preventiva, le procedure di ristrutturazione volte a evitare che la crisi diventi irreversibile nell'ottica - privilegiata dal legislatore riformista - del risanamento dell'impresa e della continuità aziendale.

Nel quadro così delineato lo strumento liquidatorio si pone quale extrema ratio cui ricorrere in assenza di concrete alternative di risanamento.

In tale ottica il legislatore della riforma ha proceduto alla sostituzione del termine «fallimento» con l'espressione «liquidazione giudiziale» e all'eliminazione del termine «fallito».

Ha, altresì, fornito una specifica e autonoma nozione di «crisi», definitiva - secondo la versione originaria dell'articolo 2 - come «lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate» (comma 1, lettera a).

La nozione è stata modificata dal decreto legislativo 26 ottobre 2020, n. 147, recante "Disposizioni integrative e correttive a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 8 marzo 2019, n. 20, al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, recante codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155" (c.d. Decreto correttivo): l'espressione «stato di difficoltà economico-finanziaria» è stata sostituita con «stato di squilibrio economico-finanziario».

Gli indicatori dello stato di «crisi» sono rilevabili attraverso appositi indici che «diano evidenza della non sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e dell'assenza di prospettive di continuità aziendale per l'esercizio in corso o, quando la durata residua dell'esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, nei sei mesi successivi» (articolo 13, comma 1).

Il concetto di crisi è strettamente legato a quello di insolvenza, dal quale, tuttavia, differisce per il dato temporale, dovendo intendersi uno stato idoneo, in una visione prospettica della situazione economico-finanziaria, a manifestare una futura insolvenza.

L'attuale Legge fallimentare (id est, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267), invece, ricollega l'insolvenza a uno stato attuale dell'imprenditore, il quale «non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni» (articolo 5, comma 2).

Il Codice della crisi d'impresa sarebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto 2020 (cfr. articolo 389), fatta eccezione per alcune disposizioni normative, le quali sono in vigore dal 16 marzo 2019 (articoli 27, comma 1, 350, 356, 357, 359, 363, 364, 366, 375, 377, 378, 379, 385, 386, 387 e 388).

La data originariamente fissata è stata oggetto di due successivi differimenti, motivati in ragione sia dell'emergenza derivante dall'epidemia di COVID-19 e delle connesse ripercussioni economico-finanziarie che della necessità di allineare il Codice della crisi d'impresa alla normativa di attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).

In virtù di quanto stabilito, da ultimo, dal decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118 (in fase di conversione) la data di entrata in vigore del Codice della crisi d'impresa è fissata al 16 maggio 2022.

Le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione hanno escluso l'applicabilità delle disposizioni del Codice della crisi d'impresa alle procedure già aperte, pur riconoscendone la rilevanza per l'interpretazione degli istituti previsti dal regio decreto n. 267 del 1942: «Il cd. codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, di cui al d.lgs. n. 14 del 2019, è in generale non applicabile alle procedure aperte anteriormente alla sua entrata in vigore, potendosi, peraltro, rinvenire nello stesso delle norme idonee a rappresentare un utile criterio interpretativo degli istituti della legge fallimentare solo ove ricorra, nello specifico segmento considerato, un ambito di continuità tra il regime vigente e quello futuro» ( ordinanza n. 8504 del 25 marzo 2021, massima rv. 660876 - 01 ).

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