La volontà di garantire l'obbligazione principale può essere offerta con ogni mezzo consentito dalla legge
La transazione non blocca il diritto di regresso del fideiussore nei confronti degli altri garanti. È questo il principio di diritto affermato dal Tribunale di Caltanissetta (giudice Andrea Gilotta) in una sentenza dello scorso 16 febbraio.
Una banca aveva notificato ai fideiussori di una Srl un decreto ingiuntivo per il pagamento di 106mila euro dovuti dalla società. Nel corso del giudizio di opposizione contro il provvedimento monitorio, l'istituto di credito aveva iscritto ipoteca su un immobile di proprietà di uno dei fideiussori. Così, per evitare l'azione esecutiva, il proprietario del bene aveva concordato con la banca creditrice un piano di rientro, impegnandosi a pagare 105mila euro. E, poiché gli altri tre fideiussori non gli avevano rimborsato, pro quota, la somma già versata (pari a 46mila euro), l'attore ha chiesto la condanna degli stessi al pagamento, nelle rispettive percentuali, di quanto già corrisposto e delle somme ancora da restituire.
Nella contumacia dei convenuti, il Tribunale ritiene, innanzitutto, di poter desumere la prova del contratto di fideiussione in base a presunzioni, e in particolare dal fatto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo gli altri opponenti avevano espressamente riconosciuto la loro qualità di fideiussori della Srl. Ciò perché l'articolo 1937 del Codice civile, nel disporre che la volontà di prestare fideiussione deve essere espressa, non pone limiti di forma alla relativa manifestazione, che dunque «può essere provata - osserva il Tribunale - con tutti i mezzi consentiti dalla legge».
Inoltre, il diritto di regresso, previsto dall'articolo 1954 del Codice civile in favore di un fideiussore nei confronti degli altri, non è precluso dal fatto che il pagamento del debito comune sia intervenuto in base a una transazione. Questo perché la norma codicistica si applica per il solo fatto che uno degli obbligati ha pagato il creditore in virtù della fideiussione. E nel caso esaminato - aggiunge il giudice nisseno -, il pagamento va senz'altro ricondotto «al debito derivante dalla confideiussione», dal momento che la transazione aveva «natura espressamente non novativa».
Né viene in rilevo l'articolo 1304 del Codice civile, secondo cui la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetto nei confronti degli altri, se questi non dichiarano di volerne profittare. Infatti, non è la banca - osserva il giudice - a far valere la transazione verso gli altri condebitori, ma è il fideiussore ad agire in regresso nei confronti degli altri fideiussori sul presupposto del pagamento effettuato al creditore comune.
Ragioni che inducono, dunque, il Tribunale a condannare i convenuti al pagamento di 16mila euro ciascuno in favore dell'attore.
Tribunale di Caltanissetta - Sentenza 16 febbraio 2015