Lavoro

Lavoratori impatriati e residenza

I redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni

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di Daniela Ruggiero*

L'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 147 del 2015 (di seguito per brevità anche "regime degli impatriati") dispone che "I redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare al ricorrere delle seguenti condizioni:

a) i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;

b) l'attività lavorativa è prestata prevalentemente nel territorio italiano. (…)".La percentuale del 30 per cento, del reddito soggetto a tassazione, è ridotta al 10 per cento per coloro che decidano di rientrare in Italia trasferendo la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia (comma 5-bis dell'art. 16 del decreto 147/2015).

Tale agevolazione si applica a decorrere dal periodo d'imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 2 del D.P.R. 917 del 22 dicembre 1986, e per i quattro periodi d'imposta successivi.

Potrebbe, inoltre, essere applicata per ulteriori cinque periodi di imposta nel caso di lavoratori con almeno un figlio minorenne e nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In entrambi i casi, i redditi di cui al comma 1, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50 per cento del loro ammontare.

Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, i redditi, negli ulteriori cinque periodi di imposta, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 10 per cento del loro ammontare.

L'applicazione del regime agevolativo in questione richiede, come sopra accennato, che l'attività lavorativa sia prestata «prevalentemente» nel territorio italiano ove la prevalenza risulta soddisfatta se l'attività lavorativa è ivi prestata per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco dell'anno.

A tal riguardo si evidenzia che, con la Risposta n. 223 del 27 aprile 2022, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'accesso al regime speciale per i lavoratori impatriati "è ammissibile per il lavoratore che trasferisca la residenza fiscale in Italia per proseguire, in modalità da remoto, l'attività lavorativa resa a beneficio del proprio datore di lavoro estero, a nulla rilevando la circostanza che durante il periodo agevolato, il medesimo svolga occasionalmente sul territorio estero delle prestazioni di lavoro non dipendente, sempreché sia assicurata la prevalenza dell'attività lavorativa nel territorio italiano, nei termini sopra illustrati".

In tal caso, come precisato dall'Agenzia delle Entrate nella stessa Risposta 223, sopra menzionata, il regime fiscale di favore troverebbe applicazione ai soli redditi che si considerano prodotti nel territorio dello Stato e non già a quelli prodotti all'estero; questi ultimi in applicazione del wordwide taxation principle sarebbero tassati in via ordinaria anche in Italia con il riconoscimento di un foreign tax credit per le imposte versate all'estero.

Con riguardo al concetto di residenza fiscale, la Corte di Cassazione con Ordinanza del 1° luglio 2021, ai fini dell'accertamento della residenza fiscale in Italia di una persona fisica (per escludere la quale non è sufficiente la mera iscrizione all'AIRE) ha asserito che occorre procedere ad una valutazione globale degli interessi sia personali che professionali del contribuente.

In tale ordinanza, in particolare, si legge: "Questa Corte, ha recentemente affermato che, ai fini dell'individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento" (Cass., sez. 5, 20 dicembre 2018, n. 32992; Cass., sez. 5, 31 marzo 2015, n. 6501).

In particolare, con questa decisione si è confermata la sentenza del giudice d'appello che, con una valutazione globale, aveva tenuto conto sia dei legami personali sia di quelli professionali.

Si è anche specificato che l'orientamento sulla prevalenza dei legami familiari era attualmente recessivo, con la precisazione che le relazioni affettive familiari non hanno una rilevanza prioritaria ai fini probatori della residenza fiscale, venendo in rilievo solo unitariamente ad altri probanti criteri, che univocamente attestino il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento.

Viene, inoltre affermato che "nella normativa unionale è divenuto sempre più rilevante il criterio del COMI ( center of main interest ), riconoscibile dai terzi, ai fini della individuazione della sede legale delle società o della residenza della persona fisica, ai fini dell'applicazione della normativa relativa alle procedure concorsuali.

Si ritiene, altresì, degno di nota l'estratto della Direttiva n. 83/182/CEE che, all'art. 7 (rubricato "norme generali per la determinazione della residenza"), recita "nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente".

**a cura di Daniela Ruggiero, Dottore Commercialista e Revisore Legale dei Conti

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