Lavoro, il datore non può procastinare la contestazione disciplinare
La Cassazione, ordinanza n. 24609 depositata oggi, afferma che il datore non può procrastinare la contestazione in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o comunque perpetuare l’incertezza
La Cassazione, ordinanza n. 24609 depositata oggi, ribadisce l’importanza della tempestività nella contestazione disciplinare da parte del datore di lavoro in modo da non compromettere il diritto di difesa del lavoratore.
Il caso era quello di un dipendente Cotral che aveva subito una contestazione disciplinare il 19 febbraio 2019 perché il 9 dicembre 2018 non aveva avvertito gli Addetti al servizio di zona (Ade) del ritardo accumulato alla guida del bus aziendale. La corte di merito aveva ritenuto tardiva la contestazione. L’azienda ha proposto ricorso negando di aver accumulato un ritardo nella contestazione.
La Suprema corte nel respingere il ricorso ricorda che il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare, “la cui “ratio” riflette l’esigenza dell’osservanza della regola della buona fede e della correttezza nell’attuazione del rapporto di lavoro, non consente all’imprenditore-datore di lavoro di procrastinare la contestazione medesima in modo da rendere difficile la difesa del dipendente o perpetuare l’incertezza sulla sorte del rapporto, in quanto nel licenziamento per giusta causa l’immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro”.
Peraltro – prosegue -, il criterio di immediatezza va inteso “in senso relativo”, dovendosi tener conto della “specifica natura dell’illecito disciplinare, nonché del tempo occorrente per l’espletamento delle indagini”, che è “tanto maggiore quanto più è complessa l’organizzazione aziendale”.
E allora, tornando al caso in esame, la Sezione Lavoro afferma che la corte d’appello, con apprezzamento di merito coerente con gli enunciati principi, ha ritenuto che la “tempistica intercorsa tra il fatto addebitato e la contestazione fosse tale da far escludere una ragionevole tempestività da parte della società”. Si è infatti evidenziato che “la semplicità del fatto addebitato e del suo accertamento (mancato avviso del ritardo accumulato agli ADE), nonché la scelta datoriale di notificare il procedimento a mani del lavoratore, in ferie, fosse sintomatico di un irragionevole ritardo non giustificabile da eventuale complessità organizzativa, peraltro dalla corte di merito ritenuta non provata”.