Civile

Le contoversie sulla vigilanza bancaria spettano al giudice ordinario

Lo ha deciso la Corte di Cassazione a sezioni unite poiché si tratta di comportamenti a tutela del risparmio

di Michol Fiorendi

Le sezioni unite della Corte di Cassazione (Presidente Curzio, Relatore Lamorgese), con la pronuncia n. 25953, pubblicata il 16 novembre 2020, hanno dichiarato che le controversie relative alle domande proposte da investitori e azionisti nei confronti delle Autorità di vigilanza (Banca d'Italia e Consob) per i danni derivanti dalla mancata, inadeguata o ritardata vigilanza su banche e intermediari sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, non venendo in rilievo la contestazione di poteri amministrativi, ma di comportamenti “doverosi” posti alla tutela del risparmio, essendo tali autorità tenute a rispondere delle conseguenze della violazione dei canoni comportamentali della diligenza, prudenza e perizia, nonché delle norme di legge e regolamentari relative al corretto svolgimento dell'attività di vigilanza, quali espressione del principio generale del neminem leadere.

Il fatto e la decisione

Un socio azionista di una banca cita in giudizio la Banca d'Italia e la Consob chiedendone la condanna in solido al risarcimento del danno, ai sensi dell'articolo 2043 del Codice civile, provocatogli dall'omesso o inadeguato esercizio dell'attività di vigilanza su tale banca.Secondo la ricostruzione dell'attore, le Autorità di vigilanza avrebbero trascurato rilevanti inefficienze - in particolare, sul metodo di determinazione del prezzo delle azioni e di mancata deduzione dal capitale regolamentare dell'importo delle azioni sottoscritte o acquistate mediante forme di assistenza finanziaria fornite dalla stessa Banca – e non sarebbero intervenute per evitare i conseguenti danni a carico degli investitori, in particolare impedendo le operazioni di aumento di capitale mediante la propria attività di vigilanza e l'esercizio dei propri poteri.

Dal punto di vista del ricorrente, il pregiudizio patrimoniale sarebbe derivato dall'agire dell'intermediario che avrebbe determinato il deprezzamento delle azioni acquistate dagli investitori a prezzi elevati, e dalla disattenzione delle Autorità di vigilanza, che avrebbero consentito tali operazioni, invece che impedirle, come sarebbe stato doveroso, ai sensi dell'articolo 51 del Tuf.

La Banca d'Italia propone, così, il regolamento preventivo di giurisdizione, sostenendo che la causa promossa avanti il tribunale territoriale appartenga, in realtà, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiché afferente alla “vigilanza sul credito” di cui all'articolo 133, comma 1, lettera c) del Codice di procedura amministrativa, considerato che la causa petendi su cui la domanda dell'attore si basa sarebbe la valutazione della congruità e ragionevolezza delle scelte autoritative dell'Autorità di vigilanza, venendo in rilievo il profilo della discrezionalità tecnica che impedirebbe di qualificare il suo agire in termini di adempimento o inadempimento di obblighi.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia a sezioni unite, interviene sulla questione e dichiara che tale regolamento deve essere deciso dando una continuità rispetto alle recenti precedenti delle sezioni unite relativi a fattispecie analoghe, anche alla luce del fatto che il ricorrente (Banca d'Italia), non ha evidenziato ragioni tali da poter far cambiare orientamento.

I precedenti

Con questa ordinanza le sezioni unite della Corte di Cassazione si allineano con l'orientamento già esistente su tale tematica, definitivamente cristallizzando il principio che le controversie relative alle domande proposte da investitori e azionisti verso le Autorità di vigilanza per i danni derivanti dalla mancata, inadeguata o ritardata sorveglianza su banche e intermediari devono essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario e ciò in ragione del fatto che non vengono in rilievo contestazioni di poteri amministrativi, bensì comportamenti doverosi posti alla base della tutela del risparmio, ed alla base del più generale principio del “neminem laedere” (si vedano anche Cassazione, sezioni unite n. 6324, 6325, 6451, 6452, 6453 e 6454 del 2020).

In questo caso, infatti, la domanda giudiziale dell'attore non fa riferimento all'esistenza di obbligazioni contrattuali dell'Autorità ma, come detto, alla violazione del generale principio del neminem leadere, nell'ambito di un rapporto in cui i termini della questione sono rappresentati dall'omissione di vigilanza e dal pregiudizio patrimoniale subìto, al di fuori di una relazione di tipo negoziale, evidenziando così la violazione da parte della Banca dei doveri di chiarezza ed esattezza informativa verso il pubblico degli acquirenti.

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