Amministrativo

Le decisioni che accertano la cittadinanza italiana iure sanguinis sono eseguibili anche se impugnate

Per il Tribunale di Savona le decisioni che accertano lo status di cittadino italiano iure sanguinis ed ordinano il conseguente facere amministrativo sono provvisoriamente esecutive e costituiscono titolo per la trascrizione

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di Marco Mellone*

Con il decreto emesso in data 14.06.2024 (N.R.G. 1231/2024 VG – non impugnato) il Tribunale di Savona ha stabilito che una decisione, che accerta lo status di cittadino italiano iure sanguinis e che condanni l’amministrazione al conseguente facere burocratico, é immediatamente esecutiva, anche se impugnata. Tale decisione rappresenta un importante precedente che segue il solco tracciato dal decreto del Tribunale di Genova del 25.02.2022 e che conferma il (già chiaro) senso letterale del combinato disposto degli articoli 702 ter, sesto comma e a 282 c.p.c. Peraltro, il medesimo Tribunale di Savona (diverso Collegio giudicante) ha confermato tale approccio in un successivo decreto del 04.07.2024 (N.R.G. 1534/2024 VG), relativo ad un caso avente analogo contenuto (ed anch’esso non impugnato).

La vicenda giudiziaria

Alcuni discendenti uruguagi di un cittadino italiano emigrato in Sud America alla fine del 1800 avevano chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Genova il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis (con ordinanza emessa ai sensi degli art. 702 bis e ss. c.p.c.), con la conseguente condanna dell’amministrazione statale a porre in essere quelle attività burocratiche necessarie per dimostrare il possesso dello status di cittadino, tra cui la trascrizione degli atti di stato civile nei registri italiani.

L’ufficiale di stato civile – ovverosia il Sindaco del Comune di nascita dell’avo italiano, il quale, in materia di stato civile, agisce per conto dell’amministrazione statale - aveva rifiutato di adempiere a tale ordine giudiziario, posto che non era stata fornita prova della sua definitività. Tale prova non poteva essere fornita, dato che, medio tempore, la decisione del Tribunale di Genova era stata appellata dall’Avvocatura dello Stato (la quale, peraltro, non aveva chiesto la sospensione dell’esecutività della decisione di primo grado), con conseguente instaurazione di un gravame destinato a dei fisiologici tempi non brevi.

Gli interessati, avendo interesse ad esercitare immediatamente i diritti (ed i doveri) legati allo status di cittadino italiano (ed europeo), promuovevano ricorso avverso la decisione dell’ufficiale ai sensi dell’art. 95 D.P.R. n. 396/2000 innanzi al Tribunale di Savona, il quale stabiliva la illegittimità della suddetta decisione con conseguente condanna dell’ufficiale di stato civile a procedere con il facere ordinato dal Tribunale di Genova, indipendentemente dalla sua definitività (facere poi finalmente adempiuto).

Le motivazioni del Tribunale

Il Tribunale di Savona ha sostanzialmente smentito in toto il provvedimento di rifiuto dell’ufficiale di stato civile il quale sosteneva di non poter adempiere all’ordine giudiziale emesso dal Tribunale di Genova in quanto sarebbe stato più prudente attendere la definitività della decisione prima di poter procedere all’iter burocratico che avrebbe portato gli interessati ad esercitare i diritti (ed i doveri) legati allo status di cittadini italiani. In particolare, il provvedimento di rifiuto sosteneva che “l’Ufficiale di stato civile non può seguire le indicazioni del Tribunale di Genova, ma deve seguire, invece, le istruzioni impartite dal Ministero dell’interno”.

Il Tribunale di Savona ha, invece, seguito un approccio basato innanzitutto suldettato normativo, sottolineando che il provvedimento di rifiuto non si basava su alcuna norma che stabilisse che le decisioni in questione non potessero essere eseguite senza la loro previa definitività.

Al contrario, per il collegio dei giudici liguri, le decisioni che accertano lo status di cittadino italiano iure sanguinis ed ordinano il conseguente facere amministrativo sono provvisoriamente esecutive e costituiscono titolo per la trascrizione (l’attività amministrativa richiesta nel caso concreto), così come previsto dall’articolo 702 ter, sesto comma, c.p.c. e così come già previsto dal principio generale già stabilito dall’articolo 282 c.p.c.

Ed invero, diversamente da quanto opinato dall’Ufficiale di stato civile, le suddette decisioni non sono di mero accertamento di uno status, ma esprimono una precisa volontà di modificare concretamente ed immediatamente la realtà giuridica. E per fare ciò, esse prevedono un ordine giudiziale rivolto ai competenti enti amministrativi. Trattandosi, quindi, (anche) di decisioni di condanna (o comunque aventi un capo condannatorio), esse hanno l’immediata attitudine ad obbligare il destinatario di tale condanna ad eseguire quanto ordinato.

In tal senso, il Tribunale di Savona richiama il recente ed ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione (ex multis, Cass. n. 27416/2021 e n. 12872/2021), che molto lucidamente distingue le decisioni contenenti capi condannatori che si pongono in un rapporto di mera dipendenza o accessorietà rispetto alla statuizione principale (come quelle oggetto del giudizio in questione) e per le quali vale il principio dell’immediata esecutività, da quelle in cui, invece, vi è un rapporto di sinallagmaticità o corrispettività tra i due predetti elementi, per le quali, al fine di evitare uno squilibrio delle posizioni sostanziali, l’esecutività di un capo condannatorio è legato all’esecutività dell’altra o delle altre statuizioni della decisione.

Inoltre, nel caso concreto, la stessa decisione del Tribunale di Genova non aveva differito l’efficacia esecutiva della decisione né l’aveva subordinata alla definitività del dictum . In altre parole, lo stesso organo giudiziale – che è la “voce” della legge – aveva confermato – o comunque non aveva smentito – il dettato normativo, prevedendo l’immediata attitudine della decisione a modificare la realtà giuridica. Infine, la stessa parte interessata a sospendere l’efficacia esecutiva della decisione – il Ministero dell’Interno –non aveva avanzato un’istanza in tal senso in sede di appello.

Effetti della decisione

La decisione in esame ha il merito di stigmatizzare l’approccio dell’ufficiale di stato civile che aveva rifiutato l’adempimento di un ordine giudiziario senza alcuna base normativa, arrivando addirittura a sostenere di non poter seguire quanto ordinato dall’Autorità giudiziaria, essendo legato alle istruzioni impartite dal Ministero dell’Interno. Ed invero, un simile comportamento non solo risulta illegittimo, ma tradisce un’inquietante confusione circa il sistema istituzionale e ordinamentale del nostro paese. Non si può non sapere, infatti, che le indicazioni del Ministero dell’Interno non hanno valore normativo erga omnes e, pertanto, non possono porsi in contrasto con un dato normativo di segno opposto, ma soprattutto con un ordine giudiziario chiaro ed incondizionato. D’altronde, non più tardi di pochi giorni fa, la Suprema Corte era intervenuta per sconfessare l’operato di un altro ufficiale di stato civile che, sempre seguendo le indicazioni ministeriali, aveva negato lo status di cittadino italiano per discendenza per la mera mancanza di un atto di nascita , sebbene il Codice Civile preveda chiaramente che la filiazione possa essere dimostrata con ogni mezzo di prova.

Né convince la motivazione offerta dal provvedimento di rifiuto dell’ufficiale di stato civile, ovverosia evitare che un cittadino il cui status civitatis è ancora sub iudice possa esercitare medio tempore i diritti legati a tale status: ed invero, tale ponderazione di interessi è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del legislatore che, nel caso concreto, ha evidentemente operato una scelta di tipo opposto a quella invocata dall’amministrazione. Peraltro, attenta giurisprudenza di merito (Tribunale di Trieste, sent. n. 304/2024) ha correttamente sottolineato che l’obbligo dell’amministrazione di emettere i documenti attestanti il possesso della cittadinanza italiana sarebbe invocabile anche qualora il Tribunale si limitasse ad accertare lo status senza la conseguente condanna al facere amministrativo, posto che tale obbligo rientra negli obblighi di ufficio (gestione delle risultanze di stato civile e dell’ordine pubblico) che spettano all’amministrazione di fronte ad un cittadino sprovvisto di documentazione relativa al proprio status civitatis.

D’altronde, il legislatore ha elaborato un sistema equilibrato che, ove non diversamente previsto, permette, da un lato, alla parte vittoriosa in primo grado di eseguire la decisione favorevole e, dall’altro, consente alla parte soccombente di chiedere alla Corte di appello la sospensione degli effetti esecutivi nell’attesa della definizione del gravame. Tale sistema non solo non soffre eccezioni in materia di accertamento dello status di cittadino italiano iure sanguinis (in assenza di previsione normativa ad hoc), ma addirittura è a maggior ragione applicabile con riferimento ad uno status che le Sezioni Uniti della Corte di Cassazione hanno definito fondamentale ed essenziale nella vita di una persona (Cass. Sez. Un. n. 25317 e n. 25318 del 2022 ).

La vicenda di cui si è occupato il Tribunale di Savona lo dimostra chiaramente. Gli interessati di fatto non avrebbero potuto esercitare alcun diritto legato allo status di cittadini italiani – accertato giudizialmente - solo perché ancora pendente un giudizio di impugnazione dall’esito impronosticabile. In altre parole, di fronte ad uno scenario futuro ed incerto (l’accoglimento del gravame), si sarebbe mortificato il lavoro di accertamento giudiziale svolto in primo grado, determinando un pregiudizio notevole al cittadino, questo sì certo ed immediato.

Non è un caso che il Tribunale di Savona abbia sottolineato che la decisione dell’ufficiale di stato civile non solo risultava illegittima, ma anche potenzialmente pregiudizievole. Non è sfuggito, infatti, ai Giudici liguri l’inevitabile impatto che l’illegittima privazione dell’esercizio di diritti di dimensione costituzionale (basti pensare al diritto all’elettorato attivo e passivo), nonché di natura sovranazionale (basti pensare ai diritti relativi alla cd. cittadinanza europea) può provocare sulla vita personale di un cittadino. Da qui la decisione circa l’illegittimità della decisione di rifiuto e l’emissione di un (nuovo) ordine (immediatamente esecutivo) volto ad obbligare l’ufficiale di stato civile a rispettare la volontà giudiziale, indipendentemente dalla definitività della decisione.

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*A cura dell’Avv. Marco Mellone , Mellone Law Firm

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