Penale

Le Sezioni unite bocciano la solidarietà passiva nella confisca

La Cassazione, sentenza n. 13783 depositata oggi, afferma che in caso di concorso la confisca è disposta nei confronti del singolo limitatamente a quanto concretamente conseguito

di Francesco Machina Grifeo

In caso di pluralità di concorrenti, ai fini della confisca diretta o per equivalente avente ad oggetto denaro costituente il prezzo o il profitto del reato deve ritenersi illegittima ogni forma di solidarietà passiva fra i correi. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, con una lunga e articolata sentenza di 48 pagine, la n. 13783 depositata oggi, che ha accolto il ricorso di due persone che avevano patteggiato la pena per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione tra privati per aver inquinato, in cambio di denaro, le procedure di appalto dell’impresa di cui erano dipendenti.

Il Gip aveva anche disposto nei confronti del primo imputato la confisca diretta del denaro, costituente il profitto, per l’ammontare di 350mila euro, o, in subordine, la confisca per un valore corrispondente al profitto, e nei confronti dell’altro la confisca per equivalente per 227mila euro. In questo secondo caso la misura era stata disposta in applicazione del principio solidaristico, non essendo stata raggiunta né la prova del diretto conseguimento del profitto e neppure che il profitto sia stato in concreto ripartito tra i correi.

Rinvenuto un contrasto interpretativo in merito alla confisca quando vi sia una pluralità di concorrenti nel reato, la Suprema corte ha fissato alcuni principi. In primis, ha chiarito che la confisca di somme di denaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi far discendere tale qualifica dalla mera natura del bene. La confisca è, invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale.

Dopodiché ha chiarito che in caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Mentre solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali.

Ed ha aggiunto che i medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca per il quale l’obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti.

Viene cosi superata la concezione secondo la quale la valutazione di proporzionalità doveva compiersi “non con riferimento alla singola posizione personale e, dunque, rispetto alla quota di prezzo o di profitto conseguita dal correo, quanto, piuttosto, rispetto al profitto complessivo derivato dal reato”. In una simile impostazione, prosegue la decisione, si coglieva la valorizzazione della natura “sanzionatoria-afflittiva” della confisca per equivalente in grado di giustificare, in quanto pena ed anche attraverso la evocazione della solidarietà passiva, l’inflizione di una ablazione eccedente il mero recupero del vantaggio che il reo, attraverso il delitto, si è illecitamente procurato.

“Si tratta - chiosa la Corte - di una impostazione che deve essere rivisitata” perché cozza col principio di “proporzionalità” considerato che “la pena è misura di colpevolezza”.

E allora, argomenta la Corte, una volta “escluso ogni riferimento alla solidarietà passiva, agli automatismi e alle semplificazioni probatorie da essa derivanti, il tema della confisca senza arricchimento e della quantificazione del prezzo o del profitto conseguito da ciascun compartecipe nel reato, diventa un tema del processo, e, in particolare, un tema oggetto di prova”.

Attraverso un accertamento che deve essere compiuto “caso per caso, in concreto” attraverso una “verifica dinamica in cui, da una parte, il pubblico ministero è tenuto a provare il quantum confiscabile nei riguardi di ciascun compartecipe per ciascun reato e, dall’altra, ciascun concorrente potrà, a sua volta, dimostrare a discarico di non avere conseguito nessun vantaggio ovvero di averne conseguito una parte inferiore rispetto a quella indicata dalla pubblica accusa”.

La quantificazione del prezzo o del profitto dunque va provata “non in via presuntiva, ma sulla base di un accertamento probatorio concreto, in ragione degli atti del processo”.

Mentre la “regola di chiusura” che prevede una ripartizione del vantaggio in parti uguali, è giustificata solo quando “sia stato provato il conseguimento da parte del singolo partecipe di una quota di profitto o di prezzo del reato, ma, al tempo stesso, nessuna delle parti sia stata in grado di quantificare in concreto il vantaggio, di dividere il complessivo arricchimento indebito”.

Principi che valgono anche in sede cautelare con riguardo al sequestro preventivo finalizzato alla confisca. “Non vi sono ragioni – afferma la Corte sul punto - per consentire in sede cautelare di sequestrare indistintamente l’intero profitto o prezzo a ciascun concorrente oppure di rispristinare la solidarietà passiva tra correi - destinata, invece, a non operare all’esito del giudizio - ovvero, ancora, di sequestrare nei confronti di ciascuno più di quanto da questi sia stato conseguito”. La motivazione, anche in sede cautelare, dunque “deve necessariamente spiegare i motivi per cui si ritiene che il singolo partecipe al reato abbia conseguito una determinata quantità di prezzo o di profitto derivante dal reato”.

Cassata la sentenza impugnata, il Tribunale, in sede di rinvio, dovrà ora verificare: a) se e in che limiti la confisca del prezzo del reato, costituito da denaro, debba nella specie essere qualificata, in relazione al singolo compartecipe, come confisca diretta ovvero, in ragione dei principi di cui si è detto, per equivalente; b) accerterà, esclusa la solidarietà tra i concorrenti, in che misura i singoli correi abbiano conseguito in concreto il prezzo di ciascun reato per il quale si procede; c) procederà, in caso di mancato accertamento delle singole quote di arricchimento, a ripartire tra i concorrenti in parti uguali il prezzo corrisposto per ciascun reato.

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