Penale

Le Sezioni Unite chiariscono la natura dell'aggravante dell'agevolazione mafiosa

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di Chiara Savazzi

Con la sentenza n. 8545 del 3 marzo 2020, le Sezioni Unite della Cassazione hanno posto rimedio ad una querelle interpretativa riguardante la natura della circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa, contenuta nel recente articolo 416 bis-1 del codice penale.

La norma - L'articolo 416 bis-1 è stato inserito all'interno del codice penale, con il Dlgs 21 del 2018, per dar seguito alla concreta attuazione del cosiddetto principio della riserva di codice, come sancito dalla riforma Orlando. La consapevolezza delle norme e la conoscibilità dell'entità delle pene derivanti dalle stesse, sono apparse al legislatore come due priorità che non potevano più esistere, nel sistema penalistico italiano, solo su un piano astratto. Pertanto, si è proceduto – e si procede tutt'oggi – ad inserire nel codice, molti dei precetti presenti in numerose leggi, esterne alle linee guida codicistiche, tra cui gli articoli 7 e 8 del Dl 152 del 1991, confluiti nel predetto articolo. Esso disciplina, al comma 1, due figure circostanziali attinenti ai reati connessi ad attività mafiose.
Al di là della costituzione e dell'attività in sè dei partecipanti – a vario titolo – di un'associazione di tipo mafioso, già punita in base all'articolo 416 bis c.p., il legislatore intende porre l'attenzione sui reati-fine legati alla stessa. Invero, essi, muniti di una illiceità propria, vengono ad aggravarsi qualora siano collegati ad un sodalizio criminoso, del quale condividono gli strumenti o le finalità. Si tratta delle circostanze dell'utilizzo del metodo mafioso e dell'agevolazione dell'attività delle associazioni di cui all'articoloo 416 bis c.p.
É bene precisare, per sciogliere ogni dubbio, che tali circostanze non siano inerenti all'istituto del concorso esterno, di cui all'articolo 110 c.p. in combinato disposto con l'articolo 416 bis c.p. Questo, infatti, presuppone un'atipicità della condotta del soggetto agente, poichè non facente parte del sodalizio, il quale pone in essere un agito necessario ed infungibile, funzionale alla struttura associativa, che non potrebbe di fatto farne a meno. Inoltre, un concorrente esterno non potrebbe mai essere, al contempo, un associato, per una contraddizione logica. Al contrario, colui che commette una fattispecie di reato aggravata dalle circostanze in esame, può operare in qualità di associato o di avventore, sempre allo scopo di commettere un determinato illecito penale, caratterizzato dal dolo specifico inerente uno degli elementi accessori circostanziali. La sua azione appare utile al gruppo, ma non imprescindibile, sebbene volta ad un sostegno effettivo della compagine criminosa. Accanto a ciò è fondamentale che l'azione del concorrente esterno raggiunga il suo scopo; mentre non è ugualmente essenziale per chi intende attuare il reato-fine.

La decisione - Le Sezioni Unite intervengono con una pronuncia che appare significativa non solo per il motivo specifico trattato, ma altresì per far luce sulla caratterizzazione e sull'individuabilità degli elementi circostanziali, nel loro complesso, di qualsiasi specie. Se infatti, la differenziazione tra circostanze oggettive e circostanze soggettive, di cui all'articolo 70 c.p., è rimasta invariata, l'applicabilità delle stesse, nel corso del tempo, ha subito delle modifiche, le quali hanno suscitato – prima facie – qualche incertezza. Prima della legge 19 del 1990 il combinato disposto di cui agli articoli 59 e 118 c.p., prevedeva che le circostanze oggettive fossero attribuite all'autore del reato anche se da lui non conosciute e che quelle soggettive fossero estese alla condotta di uno o più correi, nel caso in cui esse avessero assunto una sostanziale rilevanza per l'agevolazione della commissione del fatto. Con le modifiche apportate dalla novella, ad oggi si prevede l'applicazione delle aggravanti oggettive solo se conosciute dall'agente e la non estensibilità solo di talune – determinate – tra quelle soggettive.
Nell'analizzare l'estensibilità di una determinata circostanza ad uno o più concorrenti, ci si rende conto che essa non sembra dipendere dalla natura oggettiva o soggettiva che la contraddistingue, bensì da ciascuna di esse, singolarmente presa in considerazione. L'articolo 118 c.p. non menziona più, nel novero delle circostanze applicabili solo alla persona cui si riferiscono, le condizioni e le qualità personali del colpevole e i rapporti tra il colpevole e l'offeso, che quindi non subiscono tale preclusione. Come affermano le Sezioni Unite: « l'analisi storica della modifica porta a correggere l'assunto generalizzato secondo cui le circostanze soggettive devono essere escluse dall'estensione ai concorrenti, posto che, a ben vedere, tale esclusione, sancita solo dall'art. 118 c.p., è circoscritta a quelle aggravanti attinenti alle sole intenzioni dell'agente, pertanto potenzialmente non riconoscibili dai concorrenti».
La percezione ab externo della circostanza appare il reale discrimen tra la possibilità o meno di attribuirla al compartecipe, in base all'evidenza che egli, appurandola, sia stato dissuaso dall'agire oppure abbia proseguito nell'intento comune insieme agli altri concorrenti.
La Corte prosegue analizzando, più nello specifico, l'aggravante in commento. Il metodo mafioso, di cui alla prima parte dell'articolo416 bis 1 c.p., è costituito dall'avvalersi della forza intimidatoria, caratteristica dell'organizzazione mafiosa, così da ingenerare, a scapito dei soggetti passivi coinvolti, un clima di timore e di assoggettamento. L'incidenza di tale metodo sull'azione, rende la circostanza inevitabilmente oggettiva, non palesandosi pertanto, alcun dubbio sulla natura della stessa. L'agevolazione dell'attività mafiosa, di cui alla seconda parte dell'articolo, si configura quando un soggetto agevoli, mediante una propria condotta il sodalizio mafioso, a prescindere dall'essere parte integrante in modo stabile della compagine. Su di essa si sono formate, nel corso degli anni, tre orientamenti. Secondo il primo, essa si sostanzierebbe in una circostanza di tipo soggettivo, incentrata sull'intenzione del soggetto agente, e dunque caratterizzata dal dolo specifico della finalità di supporto al sodalizio. Il secondo, viceversa, sostiene la natura oggettiva dell'aggravante, in quanto afferente alla modalità dell'azione ma necessitante, comunque, del dolo specifico in capo ad almeno uno dei correi.
Secondo l'ultimo orientamento, cosiddetto misto, è necessario valutare in concreto caso per caso, in base al reato cui la circostanza accede. Risulta importante comprendere se si configura in modo tale da oltrepassare l'intenzione del singolo, e riguardare la commissione del reato da parte degli altri concorrenti, coinvolgendo il piano dell'azione.
A fronte delle tre tesi, i punti cruciali individuati dalla Suprema Corte appaiono due: la presenza del dolo specifico o della mera consapevolezza ed il requisito necessario per l'estensibilità ai concorrenti. Quanto al primo punto, la Corte ritiene indispensabile la presenza dell'intento specifico di arrecare vantaggio all'associazione, sebbene poi, l'effettivo raggiungimento del fine possa non verificarsi. La circostanza assume quindi connotati soggettivi.
Riguardo, invece, all'estensibilità della aggravante ai correi, in base alla novella legislativa di cui si è detto, l'applicabilità di una circostanza soggettiva ai concorrenti, dipende – ad oggi – dalla riconoscibilità della stessa da parte degli altri soggetti agenti.
L'estensibilità non può basarsi sul mero sospetto o su un'ignoranza colposa, necessitando, al contrario, del dolo diretto anche nella forma del dolo eventuale. Si valuta la riconoscibilità all'esterno di quel determinato intento agevolatore e la conseguente condotta del compartecipe, che non venga dissuaso dal porre in essere il reato.

Corte di Cassazione – Sezioni Unite – Sentenza 3 marzo 2020 n. 8545

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