Le S.U. blindano la confisca di prevenzione, no alla revoca per motivi preesistenti
Lo chiarisce l’informazione provvisoria n. 14 della Cassazione. Con le informazioni n. 12 e 13 invece si nega la condanna alle spese in caso di rigetto della domanda di rimessione. Infine, la n. 11 boccia la ricorribilità del diniego del concordato in appello
Con quattro “informazioni provvisorie”, due delle quali gemelle, le Sezioni unite penali sciolgono i dubbi sulla ricorribilità del mancato accoglimento del concordato sui motivi di appello: risposta negativa; sul pagamento delle spese a carico della parte in caso di rigetto della richiesta di rimessione: soluzione negativa (due decisioni); e infine sulla questione se la revoca della confisca di prevenzione possa avvenire sulla base di elementi preesistenti: anche in questo caso la risposa è contraria.
Ma andiamo con ordine. Con l’informazione provvisoria n. 11/2025, Rel ed Est. Alfredo Guardiano, Pg. Raffaele Gargiuolo che ha dato parere difforme, il “Massimo consesso” fornisce risposta negativa alla seguente questione controversa: “Se il provvedimento con il quale la Corte d’appello, non accogliendo il concordato sui motivi ex art. 599-bis cod. proc. pen., dispone la prosecuzione del giudizio sia suscettibile di ricorso per cassazione”.
Il concordato sui motivi d’appello è uno strumento di deflazione processuale introdotto dalla riforma Orlando (L. 103/2017), che consente all’imputato e al procuratore generale di concordare i motivi d’appello, con effetti premiali. Il diniego da parte della Corte d’appello di accogliere il concordato determina il prosieguo del giudizio.
Con le informazioni provvisorie nn. 12 e 13, Rel ed Est. Ignazio Pardo, Pg. Giulio Romano che ha dato parere conforme, la Suprema corte affronta la seguente questione: “Se in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della richiesta di rimessione, la parte privata richiedente debba essere condannata al pagamento delle spese processuali”; la risposta della Cassazione è negativa. La richiesta di rimessione del processo ex art. 45 c.p.p. mira a tutelare l’imparzialità del giudice in presenza di gravi situazioni locali che potrebbero comprometterla. Con questa decisione la Cassazione ne rafforza la funzione di garanzia, chiudendo a un’ipotesi automatica di soccombenza della parte privata in caso di rigetto o inammissibilità.
Infine con l’informazione provvisoria n. 14, Rel ed Est. Filippo Casa, P.G. Raffaele Picirrillo di parere conforme, la Sezioni unite affermano che “la revoca della confisca di prevenzione a norma dell’art. 7, legge 27 dicembre 1956, n. 1423 non può essere disposta sulla base di elementi preesistenti alla definizione del procedimento di prevenzione che, sebbene astrattamente deducibili in tale sede, non siano stati però dedotti in assenza di cause di forza maggiore”.
La norma richiamata dalle Sezioni Unite è stata poi abrogata dal Dlgs 6 settembre 2011 n. 159 (Codice antimafia), che ha disciplinato la revocazione della confisca all’articolo 28, successivamente modificato dalla legge 17 ottobre 2017 n. 161. La pronuncia blocca il passo a strategie a posteriori ma resta l’esigenza di bilanciamento tra certezza del diritto e giustizia sostanziale, quando elementi non dedotti avrebbero potuto rovesciare l’esito del giudizio di prevenzione. In definitiva, la decisione consolida l’indirizzo giurisprudenziale che tende a rendere “stabile” e difficilmente reversibile la confisca di prevenzione.