Lettera di costituzione in mora per l'Italia che deve garantire trasparenza nelle concessioni demaniali
Il 3 dicembre 2020 la Commissione Europea ha deciso di inviare all'Italia una lettera di costituzione in mora in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi.
Il 3 dicembre 2020 la Commissione Europea ha deciso di inviare all'Italia una lettera di costituzione in mora in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi.
Si legge, nella comunicazione inerente le "decisioni sui casi d'infrazione" del sito della Commissione, che "gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi", ed ancora "In una sentenza del 14 luglio 2016 emessa a seguito di un rinvio pregiudiziale del tribunale amministrativo regionale della Lombardia (cause riunite C-458/14 e C-67/15), la Corte di giustizia dell'Unione europea ha stabilito che la normativa pertinente e la pratica esistente di prorogare automaticamente le autorizzazioni vigenti delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell'Unione. L'Italia non ha attuato la sentenza della Corte. Inoltre l'Italia da allora ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alle fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l'assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell'Unione"; infine, la comunicazione reca "L'Italia dispone ora di 2 mesi per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, trascorsi i quali la Commissione potrà decidere di inviare un parere motivato".
L'Italia è dunque, di nuovo, alle prese con l'Europa nel confronto dialettico sulle concessioni demaniali e sulle procedure di assegnazione dei titoli, in un dialogo che dura ormai da tempo e che ebbe inizio oltre dieci anni fa.
Già nel 2008, infatti, come si ricorderà, l'UE avviò la procedura di infrazione comunitaria ai danni dell'Italia ritenendo l'allora comma 2 dell'articolo 37 Codice della Navigazione, teso a garantire il c.d. diritto di insistenza in favore del concessionario uscente, una disposizione ostativa ai principi della concorrenza e del mercato assunti quali principi cardine nelle procedure di affidamento delle autorizzazioni dei beni del demanio marittimo poggianti sulla Direttiva Servizi 2006/123/CE, in particolare sull'art. 12, e sul Trattato TFUE, in particolare sull'art. 49 in tema di libertà di stabilimento; parimenti, a non essere gradito all'Europa era anche il meccanismo del c.d. rinnovo automatico delle concessioni risalente all'art. 10 L. n. 88/2001 su base sessennale.
Il nodo venne sciolto con l'abrogazione del diritto di insistenza, ma il legislatore interno intervenne al contempo sul meccanismo di rinnovo prevedendo con il D.L. n. 194/2009, all'art. 1 comma 18, il prolungamento delle concessioni in essere sino al 31.12.2015 e, a seguire, con plurimi interventi legislativi, estensioni ulteriori sino alle recenti riforme intervenute con la Legge di Bilancio 2019 (L. n. 145/2018).
In tale contesto normativo, infatti, il legislatore ha previsto, all'art. 1 commi 682, 683 e 684, che le concessioni avessero una nuova durata di anni 15, decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge n. 145 sino - vista la durata quindicennale - al 31 dicembre 2033, che è il termine a cui espressamente il comunicato fa riferimento.
Le ulteriori disposizioni adottate nel periodo dell'emergenza Covid-19, in particolare il Decreto "Rilancio" come convertito con la L. n. 77/2020, hanno previsto il divieto per le amministrazioni di avviare o proseguire, se pendenti, le procedure pubbliche di assegnazione delle autorizzazioni di beni del demanio marittimo, in concreto cristallizzando i rapporti in essere sino all'emanazione della (futura) disciplina di riordino della materia che la stessa Legge n. 145 ha disegnato nel suo percorso di concertazione e condivisione Stato-Regioni.
Nel "mezzo" vi è stata la pronuncia della CGUE del 14 luglio 2016 che nitidamente ha sancito l'incompatibilità della normativa delle proroghe interne automatiche con il diritto europeo e che la Commissione richiama per non essere stata rispettata dal nostro Paese.
Staremo, dunque, a vedere quali saranno le osservazioni che l'Italia formulerà alla Commissione e se le stesse permetteranno, o meno, di evitare l'ulteriore procedura di infrazione così preannunciata.
* a cura dell' Avv. Morena LUCHETTI, lmlex, Studio Legale