Liti tributarie in Cassazione, meno oneri per chi fa ricorso
Non più necessaria l'istanza di trasmissione del fascicolo alla Suprema corte. Dal 30 giugno non va fatta richiesta al giudice che ha emesso la sentenza
Con la riforma del processo civile (Dlgs 149/2022) dal 1° gennaio scorso è scattato l’obbligo – ai sensi dell’articolo 35 comma 2 – di depositare telematicamente gli atti presso la Corte di cassazione. Fino al 31 dicembre 2022 il deposito telematico è stato ancora facoltativo in virtù della proroga disposta dall’articolo 16 del Dl 228/2021. Tra gli adempimenti posti a carico del ricorrente (e controricorrente incidentale) in Cassazione vi è quello previsto dall’articolo 369 del Codice di procedura civile il quale prevede che il «ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte, a pena d’improcedibilità, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto» e che «il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (...) la trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme al ricorso». La riforma del processo civile ha soppresso il riferimento nell’articolo 369 al deposito «nella cancelleria della Corte di Cassazione» e abrogato il comma 3 ovvero l’onere per il ricorrente (o controricorrente) incidentale di fare richiesta di trasmissione del fascicolo (d’ufficio) alla cancelleria della Cassazione: adempimento da considerarsi abrogato a far data 30 giugno 2023.
Con riferimento allo specifico ambito del processo tributario, le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 3 novembre 2011 n. 22726) hanno chiarito che «per i ricorsi avverso sentenze delle ex commissioni tributarie, la indisponibilità dei fascicoli delle parti comporta la conseguenza che la parte ricorrente non è onerata della produzione del proprio fascicolo, contenuto nel fascicolo d’ufficio di cui abbia domandato la trasmissione alla Corte di cassazione (a meno che non abbia irritualmente ottenuto la restituzione del fascicolo di parte dalla segreteria della ex commissione tributaria); neppure è tenuta, per la stessa ragione, alla produzione di copia degli atti e dei documenti su cui il ricorso si fonda e che siano in ipotesi contenuti nel fascicolo della controparte».
Pertanto, ai sensi della riforma, anche per il ricorrente in cassazione contro una sentenza tributaria verrà meno, dal 30 giugno 2023, la necessità di richiedere, al giudice che ha pronunciato la sentenza gravata, la trasmissione del fascicolo d’ufficio (e quindi anche di parte) alla Suprema Corte. La riforma ben si coniuga con la convenzione Mef-Cassazione stipulata il 19 ottobre 2021 al fine di consentire la visione dei fascicoli processuali informatici delle allora Commissioni tributarie provinciali e regionali (oggi Corti di giustizia di primo e secondo grado) per i quali penda ricorso per Cassazione e, di conseguenza, la conoscenza dei provvedimenti di legittimità e delle pendenze dei ricorsi tributari presso la Cassazione stessa. La convenzione, recentemente resa operativa, consente «ai giudici di legittimità di accedere al fascicolo processuale digitale formatosi nel giudizio di merito. Grazie a un applicativo informatico (...) i giudici di legittimità possono consultare gli atti processuali di merito. La nuova applicazione consente anche la trasmissione telematica alle Corti di giustizia tributaria delle sentenze adottate dalla Cassazione nei relativi giudizi, con immediata visibilità dei provvedimenti nei fascicoli digitali di merito».
Già dalla stipulazione della convenzione si dibatteva, fra gli operatori, dell’attualità (necessità) della richiesta di trasmissione del fascicolo ex articolo 369 del Cpc nella misura in cui, attuata la Convenzione, si sarebbe consentito alla cancelleria della Cassazione l’accesso ai fascicoli processuali di merito. A parere di chi scrive, si trattava di un’interpretazione azzardata, per quanto logicamente condivisibile, in assenza di una modifica all’articolo 369, come poi attuata dal legislatore della riforma del processo civile.