Responsabilità

Lo "spossessato" deve dimostrare il danno per ottenere il risarcimento

Lo ha precisato la Cassazione con l'ordinanza 31642/2021, numerosi i precedenti contrari

di Mario Finocchiaro

Lo spogliato del possesso, che agisca per conseguire il risarcimento dei danni, e soggetto al normale onere della prova in tema di responsabilità per fatto illecito. Pertanto, qualora non abbia provato il pregiudizio sofferto, non può emettersi in suo favore condanna al risarcimento con liquidazione equitativa dei danni. Questo il principio espresso dalla Sezione II della Cassazione con l'ordinanza 4 novembre 2021 n. 31642.

I precedenti
Pressoché in termini, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Cassazione, sentenza 3 giugno 1975 n. 2203, in Arch. civile, 1976, p. 725, resa in una fattispecie in cui, in ordine alla domanda di reintegrazione era stata dichiarata cessata la materia del contendere, per il sopravvenire di decreto prefettizio di asservimento di fondo su cui erano stati arbitrariamente installati due pali di sostegno per conduttori telefonici .
Nello stesso senso, non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno derivante dalla privazione del possesso di un immobile in modo violento o clandestino (che si configura come fatto illecito) nel caso in cui la parte non abbia fornito la prova dell'esistenza e dell'entità materiale del pregiudizio e la domanda non sia limitata alla richiesta della sola pronuncia sull'an debeatur, non essendo allora ammissibile il ricorso al potere officioso di liquidazione equitativa del danno, Cassazione, sentenza 1°giugno 2012, n. 8854.(Analogamente, non può essere accolta la domanda di risarcimento del danno derivante dalla privazione del possesso di un immobile - nella specie, tre posti auto all'interno di un cortile condominiale - in modo violento o clandestino - che si configura come fatto illecito - nel caso in cui la parte non abbia fornito la prova dell'esistenza e dell'entità materiale del pregiudizio e la domanda non sia limitata alla richiesta della sola pronuncia sull'an debeatur, non essendo allora ammissibile il ricorso al potere officioso di liquidazione equitativa del danno, Cassazione, ordinanza 20 marzo 2019, n. 7871).
Sostanzialmente nello stesso ordine di idee e, in particolare, per l'affermazione che la privazione del possesso conseguente all'occupazione di una parte di un terreno altrui costituisce un fatto potenzialmente causativo di effetti pregiudizievoli, idoneo a legittimare la pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno, la quale si risolve in una declaratoria iuris che non esclude la possibilità di verificare, in sede di liquidazione, la reale esistenza del danno risarcibile, Cassazione, sentenza 5 giugno 2012, n. 9043.

Le pronunce in senso contrario
In un'ottica sostanzialmente diversa, peraltro, in molteplici occasioni si è affermato:
- la privazione del possesso conseguente all'occupazione di un immobile altrui costituisce un fatto potenzialmente causativo di effetti pregiudizievoli ed idoneo a legittimare la pronunzia di condanna generica al risarcimento del danno, ben potendo il giudice successivamente liquidare in concreto il detto danno per mezzo di una valutazione equitativa ex articolo 1226 Cc che tenga conto, quale parametro di quantificazione, del valore reddituale del bene, Cassazione, ordinanza 4 dicembre 2018, n. 31353;
- la lesione del diritto di proprietà, conseguente all'esercizio abusivo di una servitù di veduta, è di per sé produttiva di un danno, il cui accertamento non richiede, pertanto, una specifica attività probatoria e per il risarcimento del quale il giudice deve procedere ai sensi dell'articolo 1226 Cc, adottando eventualmente, quale parametro di liquidazione equitativa, una percentuale del valore reddituale dell'immobile, la cui fruibilità sia stata temporaneamente ridotta, Cassazione, ordinanza 13 maggio 2019, n. 12630;
- in tema di tutela del possesso, ove sia stato accertato, con sentenza passata in giudicato, l'illecito consistente in plurime molestie subite dai possessori di un immobile nell'esercizio del loro potere sulla cosa, tale limitazione temporanea del possesso si traduce in un concreto pregiudizio di carattere patrimoniale, perdurante fino al ripristino dello status quo ante. Ne consegue che, sussistendo la certezza del danno in re ipsa nelle sue varie componenti, il giudice, a fronte dell'obiettiva difficoltà di determinazione del quantum, deve fare ricorso ad una valutazione equitativa, ai sensi dell'articolo 1226 Cc, adottando eventualmente, quale adeguato parametro di quantificazione, quello correlato ad una percentuale del valore reddituale dell'immobile, la cui fruibilità sia stata temporaneamente ridotta, Cassazione, ordinanza 3 aprile 2012, n. 5334.
In termini generali, per il rilievo che poiché la privazione del possesso costituisce fatto illecito, al risarcimento dei danni derivanti dallo spoglio sono applicabili le norme dettate dagli articoli 1226 e 2056 Cc, Cassazione, sentenza 29 novembre 2006, n. 25241.
Ricordate in motivazione, nella pronunzia in rassegna, nel senso che il danno non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona, come nel caso di lesione al diritto alla reputazione quale conseguenza di un ingiusto protesto, non è in re ipsa, ma costituisce un danno conseguenza, che deve essere allegato e provato da chi ne domandi il risarcimento, Cassazione, ordinanza 24 settembre 2013, n. 21865, nonché Cassazione, sentenza 11 ottobre 2013, n. 23194, in Vita notarile, 2014, p. 406, con nota di Triola R., Risarcimento del danno, protesto illegittimo di assegno bancario, danno in re ipsa alla reputazione; sentenze 5 settembre 2014, n. 18812 e 18 novembre 2014, n. 24474.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©