Lo stato di insolvenza esige la prova di una situazione di impotenza strutturale
Nel giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento, la verifica, ex articolo 5 legge fallimentare dello stato di insolvenza dell'imprenditore commerciale esige la prova di una situazione di impotenza strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni valutate nel loro complesso, in quanto già scadute all'epoca della predetta dichiarazione e ragionevolmente certe. Quanto ai debiti, pertanto, il loro computo non si limita alle risultanze dello stato passivo, ma si estende a quelli emergenti dai bilanci e dalle scritture contabili o in altro modo riscontrabili, anche se oggetto di contestazione. Lo precisa la corte di Cassazione con l’ordinanza 11653/2016.
I precendenti - Pressoché in termini, ricordata in motivazione, nella pronunzia in rassegna, Cassazione, sentenza 27 febbraio 2008 n. 5215.
Sempre in margine alla necessità che la situazione di impotenza economica dell'imprenditore di cui è chiesto il fallimento sia strutturale si è precisato, in altra occasione, che tale status si realizza in presenza di una situazione d'impotenza, non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, a seguito del venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie alla relativa attività, Cassazione, sentenza 1° dicembre 2005 n. 26217, che evidenzia, altresì, che anche il dato di un assai marcato sbilanciamento tra l'attivo e il passivo patrimoniale accertati, pur se non fornisce, di per sé solo, la prova dell'insolvenza - potendo comunque essere superato dalla prospettiva di un favorevole andamento futuro degli affari, o da eventuali ricapitalizzazioni dell'impresa - nondimeno deve essere attentamente valutato, non potendosene per converso radicalmente prescindere, perché l'eventuale eccedenza del passivo sull'attivo patrimoniale costituisce, pur sempre, nella maggior parte dei casi, uno dei tipici «fatti esteriori» che, a norma dell'articolo 5 della legge fallimentare si mostrano rivelatori dell'impotenza dell'imprenditore a soddisfare le proprie obbligazioni.
In argomento, altresì, per il rilievo che nella sussistenza di un cospicuo sbilancio patrimoniale, si può nondimeno escludere la concreta sussistenza di un vero e proprio stato di insolvenza, ma non senza aver prima puntualmente verificato quale sia la specifica composizione del passivo (e, in specie, l'originaria scadenza dei debiti) e quali le ragionevoli possibilità di ripresa o il grado di fiducia di cui l'imprenditore eventualmente ancora goda sul mercato, onde sia resa plausibile la suindicata, favorevole prospettiva, e concretamente persuasiva la possibilità che, nonostante l'incapienza patrimoniale, l'imprenditore medesimo riuscirà comunque a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, Cassazione, sentenza 9 marzo 2014 n. 4727 .
In ordine alla prova della entità del passivo si ritiene, in giurisprudenza, che questa possa essere desunta, sia dalle risultanze della istruttoria prefallimentare (Cassazione, ordinanza 18 marzo 2016, n, 5377), sia dallo stato passivo (Cassazione, sentenza 4 maggio 2011, n 9760):
L'accertamento dello stato di insolvenza - comunque - va compiuto con riferimento alla data della dichiarazione di fallimento, ma può fondarsi anche su fatti diversi da quelli in base ai quali il fallimento è stato dichiarato, purché si tratti di fatti anteriori alla pronuncia, anche se conosciuti successivamente in sede di gravame e desunti da circostanze non contestate dello stato passivo, Cassazione, sentenza 27 maggio 2015, n. 10952.
Per la precisazione che ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenza, il giudice della fase prefallimentare, a fronte della ragionevole contestazione del credito vantato dal ricorrente, deve procedere all'accertamento, sia pur incidentale, dello stesso, salvo che la sua esistenza risulti già accertata con una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo, in tal caso, onde adempiere al suo dovere di motivazione, limitarsi ad un mero rinvio ad essa, con l'obbligo, invece, ove rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, di dare specificamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione, Cassazione, sentenze 14 marzo 2016, n. 5001 e 19 marzo 2014, n. 6306.
Nella stessa ottica delle pronunce da ultimo ricordate, per i giudici di merito, per la affermazione che il mancato adempimento di un solo debito giudizialmente contestato, anche se portato da un titolo esecutivo, provvisoriamente esecutivo, non è di per sé idoneo a dimostrare lo stato di insolvenza di un imprenditore, specialmente quando la contestazione è stata avanzata prima del ricorso per la dichiarazione di fallimento e i motivi di essa non appaiono infondati, Tribunale di Reggio Calabria, sentenza 4 marzo 2007, in Guida al diritto, 2007, f. 46, p. 80, che evidenzia, altresì, ciò che differenzia l'insolvenza quale presupposto del fallimento da una mera crisi di impresa è proprio la sua stabilità e non reversibilità, da accertarsi attraverso un giudizio prognostico.
Corte di Cassazione - Sezione VI-1 - ordinanza 7 giugno 2016 n. 11653