Penale

Lo strumento della perizia è necessario per svolgere indagini che richiedono competenze tecniche

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di Giuseppe Amato

L’articolo 220 del Cpp prevede l'espletamento della perizia ogniqualvolta sia necessario svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedano specifiche competenze di natura tecnica. Dunque la perizia, prosegue la Cassazione con la sentenza 28102/2019, pur essendo rimessa a una valutazione discrezionale del giudice, rappresenta un indispensabile strumento probatorio, allorché si accerti il ricorrere del presupposto inerente alla specificità delle competenze occorrenti per l'acquisizione e la valutazione di dati, perfino laddove il giudice possieda le specifiche conoscenze dell’esperto, perché l’eventuale impiego, a opera del giudicante, della sua scienza privata costituirebbe una violazione del principio del contraddittorio e del diritto delle parti sia di vedere applicato un metodo scientifico sia di interloquire sulla validità dello stesso.

La Cassazione, a corredo del principio di cui in massima, ha sviluppato il significato normativo del ruolo di peritus peritorum attribuito al giudice rispetto al contenuto della perizia. Tale ruolo, si osserva, non autorizza affatto il giudice a intraprendere un percorso avulso dal sapere scientifico, avventurandosi in opinabili valutazioni personali, sostituendosi agli esperti e ignorando ogni contributo conoscitivo di matrice tecnico-scientifica.

Il ruolo di peritus peritorum abilita invece il giudice a individuare, con l'aiuto dell'esperto, il sapere accreditato che può orientare la decisione e a farne un uso oculato, pervenendo a una spiegazione razionale dell'evento. Il perito non è, quindi, l'"arbitro" che decide il processo, ma l'esperto che espone al giudice il quadro del sapere scientifico nell'ambito fenomenologico al quale attiene il giudizio, spiegando quale sia lo stato del dibattito, nel caso in cui vi sia incertezza sull'affidabilità degli enunciati a cui è possibile addivenire, sulla base delle conoscenze scientifiche e tecnologiche disponibili in un dato momento storico. Toccherà poi al giudice tirare le fila e valutare se si sia addivenuti a una spiegazione dell'eziologia dell'evento e delle dinamiche in esso sfociate sufficientemente affidabile e in grado di fornire concrete, significative e attendibili informazioni, che possano supportare adeguatamente l'argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato.

Il giudice, in proposito, proprio in ossequio al suo ruolo di "perito dei periti", deve esaminare le basi fattuali sulle quali le argomentazioni del perito sono state condotte; l'ampiezza, la rigorosità e l'oggettività della ricerca; l'attitudine esplicativa dell'elaborazione teorica nonché il grado di consenso che le tesi sostenute dall'esperto raccolgono nell'ambito della comunità scientifica, fermo rimanendo che, ai fini della ricostruzione della vicenda, è utilizzabile anche una legge scientifica che non sia unanimemente riconosciuta, essendo sufficiente il ricorso alle acquisizioni maggiormente accolte o generalmente condivise, attesa la diffusa consapevolezza della relatività e mutabilità delle conoscenze scientifiche. Di tale indagine il giudice è chiamato a dar conto in motivazione, esplicitando le informazioni scientifiche disponibili e utilizzate e fornendo una razionale giustificazione, in modo completo e, il più possibile, comprensibile a tutti, dell'apprezzamento compiuto.

Si tratta di accertamenti e valutazioni di fatto, insindacabili in cassazione, ove sorretti da congrua motivazione, poiché il giudizio di legittimità non può che incentrarsi esclusivamente sulla razionalità, completezza nonché sul rigore metodologico del predetto apprezzamento. Il giudice di legittimità, infatti, non è giudice del sapere scientifico e non detiene proprie conoscenze privilegiate, di talché esso non può, ad esempio, essere chiamato a decidere se una legge scientifica, di cui si postuli l'utilizzabilità nell'inferenza probatoria, sia o meno fondata, avendo come proprio compito esclusivo (solo) quello di valutare la correttezza metodologica dell'approccio del giudice di merito al sapere tecnico-scientifico, che riguarda la preliminare e indispensabile verifica critica in ordine all'affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto.

Il giudizio demandato alla Corte di cassazione non riguarda dunque l'attendibilità della legge scientifica, ma esclusivamente la razionalità dell'apparato argomentativo a sostegno delle determinazioni del giudice di merito in ordine all'apprezzamento della validità della legge scientifica e all'utilizzo di quest'ultima nell'inferenza probatoria (in termini, di recente, sezione IV, 9 aprile 2019, Molfese e altri; nonché, sezione IV, 11 marzo 2014, Carlucci, dove si è precisato che, in tema di valutazione delle diverse tesi prospettate dal perito e/o dai consulenti tecnici, il giudice di merito può fare legittimamente propria l'una piuttosto che l'altra tesi scientifica, purché dia congrua e motivata ragione della scelta e dimostri di essersi soffermato sulla tesi o sulle tesi che ha creduto di non dover seguire. Entro questi limiti, non rappresenta vizio della motivazione, di per sé, l'omesso esame critico di ogni più minuto passaggio della relazione tecnica disattesa, poiché la valutazione delle emergenze processuali è affidata al potere discrezionale del giudice di merito, il quale, per adempiere compiutamente all'onere della motivazione, non deve prendere in esame espressamente tutte le argomentazioni critiche dedotte o deducibili, ma è sufficiente che enunci con adeguatezza e logicità gli argomenti che si sono resi determinanti per la formazione del suo convincimento. Laddove il giudice abbia rispettato tali principi, il giudizio di fatto formulato è incensurabile in sede di legittimità).

Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 27 giugno 2019 n. 28102

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