Maggioranze a doppia verifica in un concordato con classi
Delicato il computo del voto dei pubblici uffici: il calcolo deve tenere conto anche della moratoria per soddisfare i creditori privilegiati
A seguito delle modifiche all’articolo 180 della legge fallimentare, il tribunale può omologare forzatamente il concordato preventivo anche in mancanza di voto dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Cerchiamo qui di capire in quali casi una adesione può dirsi determinante e se vi sia un contributo del professionista attestatore anche in merito a questo tipo di valutazione.
Le adesioni determinanti
In ordine al primo quesito, nell’ordinamento vigente, le maggioranze di cui all’articolo 177, legge fallimentare, sono quelle dei crediti ammessi al voto che, ove siano previste diverse classi di creditori, devono essere conseguite anche nel maggior numero di classi. Da ciò consegue che l’omologazione forzata da parte del tribunale è idonea a intervenire in via suppletiva nel caso in cui, stante il voto determinante dei pubblici uffici, una o entrambe delle maggioranze non siano raggiunte. Supponiamo che in un concordato con cinque classi, ve ne siano due positive e tre negative e che, nelle due classi positive, si raggiunga comunque la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Il concordato non potrebbe essere omologato in quanto privo della maggioranza delle classi (due su cinque nell’esempio). Supponiamo che all’interno di una delle classi negative alberghino esclusivamente i pubblici uffici (amministrazione finanziaria e/o enti) i quali, conseguentemente, non permettano il conseguimento della maggioranza per classi. In tal caso la funzione di supplenza assegnata al tribunale si ritiene possa egualmente essere esplicata seppur gli effetti del mancato voto dei pubblici uffici sono determinanti solo su una delle due maggioranze di cui al richiamato articolo 177 legge fallimentare (quella appunto per classi). In altri termini, conseguita comunque ed indipendentemente la maggioranza dei crediti ammessi al voto, l’omologa forzata interverrebbe solo al fine di sanare il mancato raggiungimento della maggioranza per classi. Ci pare che l’esempio possa essere invertito e che la norma in esame esplichi gli stessi effetti anche qualora sia la maggioranza per crediti a non essere raggiunta, mentre invece sia stata raggiunta la maggioranza per classi.
Il concordato in continuità
Il tema del “peso” del voto, al fine di stabilire se la partecipazione dei pubblici uffici possa dirsi determinante assume, inoltre, particolare rilievo nel concordato in continuità aziendale anche alla luce dei principi stabiliti dalla recente Cassazione 11882/2020. Con tale sentenza si è statuito che se la moratoria per soddisfare i creditori privilegiati eccede il termine di un anno dall’omologa, è necessario che gli stessi siano ammessi al voto non in misura piena ma sulla base del differenziale tra il valore del credito al momento della presentazione della domanda di concordato e quello al termine della moratoria proposta (determinato secondo il principio di attualizzazione dei pagamenti previsti dal piano concordatario).Orbene, il tema è molto significativo per i crediti dei pubblici uffici, sempre in gran parte di natura privilegiata, perché solo dopo aver effettuato il calcolo di cui sopra ed aver computato il diritto di voto con i medesimi criteri (ovverosia sulla base della perdita subita dal creditore in ragione della dilazione), si potrà definitivamente attribuire a tale voto la quantificazione necessaria a stabilire in quale modo esso possa essere determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e abilitare quindi il tribunale all’eventuale successivo cram down previsto dalla parte aggiunta al comma 4 dell’articolo 180. Come precisato dalla medesima sentenza i criteri per la determinazione del voto di tutti i creditori privilegiati dilazionati dovranno essere contenuti nel piano concordatario e certificati dal professionista attestatore a pena di inammissibilità della proposta.