Magistrati e avvocati in maggioranza donne - Ai maschi più ruoli apicali e redditi doppi
L'8 marzo, giorno della "festa della donna", la fotografia in chiaroscuro del ruolo delle donne nel settore giustizia
In Italia la maggioranza di magistrati e avvocati è donna. Lo dicono i dati riportati oggi sul sito del Ministero dalla Giustizia nel giorno della festa della donna. Tuttavia, approfondendo i numeri, la situazione non è poi così rosea. Se infatti per i magistrati c'è ovviamente la parità stipendiale, il gap con i colleghi maschi spunta quanto si guarda agli incarichi direttivi. Per quanto concerne gli avvocati, invece, secondo i dati di Cassa forense, mentre sotto i 30 anni i redditi sono praticamente appaiati: circa 15 mila euro l'anno i maschi, 12.500 le femmine; la differenza retributiva va progressivamente aumentando nelle fasce d'età superiori, fino a scavare un solco.
E sul tema della parità è intervenuta anche la Ministra Marta Cartabia nel corso dell'evento del Padiglione Italia all'Expo a Dubai dedicato allo "status delle donne nelle istituzioni e nella cultura". "In tutta Europa - ha detto - non c'è un solo Parlamento dove le donne siano in maggioranza: la Svezia si avvicina di più alla parità con una percentuale di parlamentari donne pari al 49,6%. In Finlandia, Norvegia e Spagna, la percentuale si attesta intorno al 40%. Tuttavia, esistono ancora Paesi come Malta e Ungheria dove le parlamentari donne sono meno del 15%".
Magistrati - I magistrati donna dunque sono il 55%: su un totale di 9.624 magistrati in servizio, 5.308 sono donne contro i 4.316 ruoli ricoperti da uomini. Stenta a decollare però la percentuale negli incarichi direttivi. Nei ruoli giudicanti (totale 247) solo il 32% ricopre posizioni apicali contro il 68% degli uomini. Valori simili anche nel semidirettivo dove la percentuale è pari al 48% dei ruoli occupati da donne contro il 52% di quelli maschili. Stesso discorso vale per i magistrati requirenti (totale 176): solo il 22% delle donne ha posizioni di questo tipo contro il 78% degli uomini.
Una condizione che non riguarda soltanto l'Italia. Cartabia ha infatti ricordato che "secondo le stime dell'ultimo rapporto CEPEJ-2020, nei Paesi Ocse-Eu il 61% dei magistrati è donna, in un range di percentuali che va dall'81% della Lettonia al 33% del Regno Unito. Tuttavia, se si considerano i vertici giudiziari e le Corti supreme, le proporzioni si invertono. Le donne sono ancora sottorappresentate come Presidenti di Corte e capi di Procure (solo 8 Stati hanno riferito di avere donne ai più alti vertici), a conferma del fatto che maggiore è il livello gerarchico, minore il numero di donne. E l'Italia non è da meno, visto che le donne sono la maggioranza in magistratura (55%), ma nessuna ha tuttora raggiunti i vertici".
Legali - Tra gli avvocati invece il numero delle donne supera di un soffio i colleghi: sono infatti 115.724 le avvocatesse a fronte di 115.571 uomini, pari al 50,03% del totale. Secondo i dati degli iscritti a Cassa forense, poi, la regione con più avvocati donna è l'Umbria, con oltre il 55% di professioniste sul totale, seguita da Emilia-Romagna e Piemonte (54,6%), dalla Toscana (54,1%) e dalla Lombardia (53,7%), mentre quella dove la presenza femminile è minore è la Valle d'Aosta (43,5%), preceduta da Campania (44,7%), Puglia (44,7%), Trentino – Alto Adige (47,2%) e Molise (47,3%). Gli Ordini con la percentuale più elevata di presenza femminile sono quelli di Busto Arsizio, con oltre il 61% di avvocati donne e Rieti (60%).
Andando a guardare i redditi, il gap retributivo si impenna dai 35 anni in su. Se una professionista di età compresa fra i 35 e i 39 anni guadagna in un anno circa 17 mila euro, un collega uomo arriva quasi al doppio superando i 30 mila. Nella fascia di età 55-59 poi una donna avvocato guadagna poco meno di 32 mila euro mentre gli uomini sfiorano i 70 mila. Alla fine, la media reddituale di tutte le fasce d'età vede le avvocate dichiarare poco più di 23 mila euro l'anno; gli avvocati invece superano i 50 mila. Forti differenze si registrano anche a livello territoriale: in generale nelle regioni del nord il divario, pure marcato fra generi, corrisponde a un livello reddituale maggiore, per cui la media dei redditi dichiarati da un'avvocatessa lombarda supera la media dei redditi di un avvocato del sud.
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di Giulio M. Salerno - Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università di Macerata