Giustizia

Separazione delle carriere: secondo ok del Senato, i sì sono 106

Il testo ora torna alla Camera per il secondo passaggio parlamentare

Secondo via libera del Parlamento alla riforma della giustizia. Con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astensioni, l’aula del Senato ha approvato il disegno di legge di revisione costituzionale sulla separazione delle carriere della magistratura, tra pm e giudici. Tornerà alla Camera (dove era stato approvato il 16 gennaio scorso) per il terzo step e successivamente al Senato. Proteste in aula al momento del voto, con le opposizioni che hanno mostrato cartelli contro la riforma. In aula il ministro della Giustizia, Carlo Nordio.

I punti principali della riforma

La riforma costituzionale della giustizia - “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare” - che ha come obiettivo di separare le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti, attraverso la modifica del Titolo IV della Costituzione, ha ottenuto il via libera anche in Senato con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti.

Il provvedimento, presentato dal governo, prevede due distinti organi di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura giudicante e il Consiglio superiore della magistratura requirente. La presidenza di entrambi gli organi è attribuita al Presidente della Repubblica, mentre sono membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura giudicante e del Consiglio superiore della magistratura requirente, rispettivamente, il primo Presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.

Gli altri componenti di ciascuno dei Consigli superiori sono estratti a sorte, per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente, tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti. Si prevede, inoltre, che i vicepresidenti di ciascuno degli organi siano eletti fra i componenti sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.

Un’altra novità è rappresentata dall’istituzione dell’Alta Corte disciplinare che sarà composta da 15 giudici: 3 nominati dal presidente della Repubblica; 3 estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune; 6 estratti a sorte tra i magistrati giudicanti in possesso di specifici requisiti; 3 estratti a sorte tra i magistrati requirenti in possesso di specifici requisiti.

La reazione del Cnf

Secondo Francesco Greco, presidente del Consiglio Nazionale Forense: “il voto finale del Senato al disegno di legge sulla separazione delle carriere rappresenta un passaggio fondamentale nel percorso di riforma della giustizia. È un’occasione per rafforzare le garanzie del giusto processo, attraverso una più chiara distinzione dei ruoli tra accusa, difesa e giudice terzo. Si tratta di un principio già presente nella nostra Costituzione, che oggi può trovare una più piena attuazione”.

“Chi agita il timore di un attacco all’autonomia della magistratura - aggiunge il vertice del Cnf - ignora un dato di fatto: l’articolo 104 della Costituzione, che sancisce l’indipendenza della magistratura da ogni altro potere, non viene modificato. E se mai, in futuro, dovesse succedere, l’avvocatura sarebbe la prima a scendere in piazza al fianco della magistratura. Perché un pubblico ministero libero da ogni condizionamento è una garanzia anche per la difesa: senza questa libertà, verrebbe meno il nostro stesso ruolo di avvocati”.

Il commento dell’Ocf

L’Organismo Congressuale Forense accoglie con favore il voto finale con cui il Senato chiude la prima lettura del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante. Si tratta di uno snodo fondamentale, atteso da tempo dall’Avvocatura e da tutti coloro che credono nella necessità di un sistema giudiziario ispirato al pieno rispetto del principio del giusto processo.

“La riforma in discussione rappresenta una svolta storica, un’affermazione di civiltà giuridica. L’Avvocatura l’ha sempre sostenuta perché introduce un riequilibrio strutturale tra le parti del processo, restituendo al giudice la sua piena terzietà e rafforzando le garanzie per ogni cittadino. Chi accusa non può essere confuso con chi giudica. La separazione tra queste funzioni restituirà ulteriore fiducia nella giustizia” dichiara il Coordinatore dell’OCF Mario Scialla.

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