Mamme avvocato, come sulle cancellazioni pesa l'assenza di una norma sul legittimo impedimento
Dopo il caso della giovane avvocata romana torna il tema di una normativa che oltre la gravidanza tuteli anche l'accudimento dei figli. Il 70% di chi lascia la professione è donna
Esiste un collegamento tra la crescita vertiginosa delle cancellazioni delle donne avvocato, messo in luce dal Rapporto Censis Cassa forense, e la difficoltà a vedersi riconosciuto il legittimo impedimento per le esigenze di accudimento dei figli? La domanda non è peregrina dopo la vicenda che nei giorni scorsi ha mobilitato l'Avvocatura a seguito del diniego ricevuto da una giovane mamma che chiedeva un rinvio d'udienza per poter presenziare all'intervento in day hospital del figlio di due anni presso l'ospedale Bambin Gesù di Palidoro, vicino Roma.
Secondo gli ultimi dati del Rapporto, infatti, se è vero che ad accedere alla professione sono soprattutto le donne, che costituiscono la maggioranza dei nuovi iscritti, sono anche loro quelle che si cancellano di più. Lo scorso anno (come si vede nella tabella) a fronte di 4.540 nuove iscritte, le donne cancellate sono state ben 5.873, con un saldo negativo di 1.333 avvocate in meno. Nello stesso periodo invece per gli uomini la differenza è positiva di 900 unità.
Entrando più nel dettaglio, il superamento nelle iscrizioni da parte del gentil sesso va avanti da tre anni. Il sorpasso è avvenuto nel 2020 con 3.850 nuovi avvocati donna a fronte di 2.914 uomini; è proseguito nel 2021: 4071 contro 3032; per raggiungere nel 2022 le 4.540 unità a fronte di 3.717 colleghi maschi. L'incremento femminile, tuttavia, viene vanificato dal trend delle cancellazioni. Nel 2020: 3.398 donne e ‘solo' 1.658 uomini; nel 2021 5.998 donne e 2.709 uomini; nel 2022 il dato resta sostanzialmente invariato con 5.873 donne e 2.825 uomini. A sottolinearlo anche la dott.ssa Giovanna Biancofiore, attuaria di Cassa forense: "Si iscrivono in maggioranza donne ma se ne cancellano ancora di più, ora siamo al punto che le cancellazioni per il 70% riguardano il mondo femminile e soprattutto le donne che vivono nel sud".
E la mancanza di politiche, o secondo alcuni, di una specifica normativa per la tutela delle avvocate madri (nel 2018 si è introdotto il legittimo impedimento per le donne che comunicano la gravidanza, per i due mesi precedenti ed i tre successivi al parto) desta particolare preoccupazione se si considera che la componente giovanile dell'Avvocatura è rappresentata soprattutto da loro. Complessivamente, i giovani avvocati iscritti attivi con età inferiore ai 40 anni sono per il 57,6% dei casi donne. Con un intervento pubblicato oggi sul Cf News la delegatadella Cassa Roberta Altavilla torna sul tema affermando che "va finalmente risolto con una normativa chiara e insuperabile, visto che il buon senso non soccorre tutti".
Sempre il Censis segnalava che l'intenzione dichiarata di lasciare la professione appare una tendenza più marcata fra le donne rispetto agli uomini. Il rapporto fra chi prende in considerazione l'ipotesi di abbandonare la professione e chi invece non ha minimamente vagliato questa eventualità è di 40 a 60 fra le donne avvocato e di 30 a 70 fra i colleghi uomini (tab. 27 del Rapporto). Fra le motivazioni prevale quella di dover esercitare una professione poco remunerativa e che comporta eccessivi costi (il 53,5% delle donne contro il 69,9% degli uomini).
Del resto, le giovani donne avvocato sono le più penalizzate dal punto di vista economico. Basta guardare al reddito medio dei giovani avvocati iscritti alla Cassa, fra gli under 30 anni: le donne guadagnano 12.929 euro, gli uomini 14.957. Ma il gap sale velocemente, nella fascia 30-34 anni: il reddito è di 16.257 euro (donne) contro 22.100 (uomini); in quella 35-39 anni: 19.798 euro (donne), 34.013 (uomini). Se infine guardiamo al "totale avvocati" il dato medio è di: 26.686 euro per le donne e 56.768 per gli uomini.