Penale

Mandato d’arresto europeo: no allo sciopero del difensore quando si decide sulla consegna

di Patrizia Maciocchi

L’avvocato non può scioperare, quando c’è l’udienza in cui si decide sulla consegna di un soggetto nell’ambito del mandato d’arresto europeo. Il divieto vale anche se la persona richiesta non è sottoposta a misure cautelari.

La Cassazione (sentenza 27482), colma una lacuna del Codice di autoregolamentazione degli avvocati che, nell’elencare le procedure urgenti, non considera quella relativa all’udienza camerale in cui si scioglie “la riserva” sulla consegna allo Stato richiedente (Legge 69 del 2005). Una “svista” che il giudice può colmare in via interpretativa considerati i valori costituzionali in gioco. Le Sezioni unite (sentenza 40187/2014) hanno chiarito che le disposizioni del Codice, pur rientrando tra le norme di legge, possono essere interpretate dal giudice in modo conforme ai valori costituzionali. Coerenti con questa linea, le Sezioni unite hanno considerato corrette le “integrazioni” fatte dalla Suprema corte che ha esteso, a situazioni non previste dal Codice, il divieto di astensione.

L’articolo 4 del Codice comprende un ampio catalogo di attività processuali accomunate dall’urgenza: dalle udienze per le misure cautelari alla perquisizione, dalla convalida del fermo, ai processi a rischio di prescrizione. Facendo leva sull’urgenza la Cassazione ha inserito nella nozione di udienze penali relative alle misure cautelari, anche quelle che riguardano misure cautelari reali e quelle non applicate. Ora è il turno della Decisione quadro 2002/584/Gai, attuata con la legge 69 del 2005.

Una norma finalizzata a tagliare i tempi delle procedure di consegna, per soddisfare esigenze di giustizia sovranazionali e garantire un’efficace collaborazione tra Stati membri, oltre che per tutelare diritti e libertà individuali con rapide decisioni sulle domande. L’esigenza di celerità è stata sottolineata in più punti della Decisione quadro, in particolare dell’articolo 17 secondo il quale «un mandato d’arresto europeo deve essere trattato ed eseguito con la massima urgenza». Sui termini fissati dall’articolo 17 è intervenuta anche la Corte Ue, che ha considerato in contrasto con la norma un sistema che consenta lo sforamento dei tempi: indipendentemente dal fatto che la persona richiesta sia in libera o meno. E il legislatore italiano si è messo in regola, puntando sui tempi contratti per tutto il procedimento: i tempi per la fase del ricorso in Cassazione sono addirittura più brevi di quelli fissati dall’articolo 311 del codice di rito contro le decisioni che dispongono le misure cautelari. Per questo è possibile - anche attraverso un adeguamento della ratio della norma primaria (legge 146/1990) sull’astensione dal lavoro per i servizi pubblici essenziali - affermare che il procedimento sulla decisione di consegna inibisce al difensore il diritto ad ottenere dal giudice il rinvio dell’udienza.

Corte di cassazione - Sentenza 27482/2017

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