Mediazione immobiliare, per il compenso basta che il professionista abbia messo in contatto le parti
Non rileva che venga conclusa una compravendita anziché un contratto di locazione, come previsto in origine
Nel contratto di mediazione, il diritto alla provvigione previsto dall’articolo 1755 del Codice civile sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l’esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso. Il fondamento del diritto al compenso è da ricercare nell’attività di mediazione, che si concreta nella messa in relazione delle parti e che costituisce l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione dell’affare (Cassazione, 21575/2017). Sulla base di questo principio la Corte d’appello di Palermo (presidente relatore Porracciolo), con sentenza del 18 novembre 2021, ha respinto l’appello proposto dall’acquirente di un immobile che, condannato in primo grado a versare la provvigione al mediatore a cui si era affidato per reperire un immobile da condurre in locazione, aveva impugnato la sentenza perché, a suo giudizio, la compravendita si era conclusa direttamente, senza l’intervento del professionista.
Dallo svolgersi dei fatti era emerso che l’appellante, su indicazione dell’agente immobiliare, si era recato con lui a visitare un appartamento da affittare sito in uno stabile condominiale. La locazione non era andata a buon fine perché il canone richiesto era troppo alto, ma in quell’occasione l’appellante aveva notato nello stesso edificio un avviso di vendita di un immobile, con indicato lo stesso recapito telefonico riportato nell’annuncio per la locazione dell’appartamento che aveva appena visitato. Subito aveva chiesto informazioni al mediatore, che però aveva detto di non essere a conoscenza della volontà di vendere da parte della proprietaria appena incontrata. L’appellante aveva quindi preso successivamente diretto contatto con la proprietaria e aveva concluso la compravendita dell’appartamento che aveva già visitato per affittarlo.
La Corte d’appello, essendo fuori dubbio che acquirente e venditore fossero stati messi in contatto dal mediatore, sebbene con lo scopo della locazione e non della compravendita, ha affermato che «l’opera di quest’ultimo costituì l’indefettibile antefatto per la conclusione del contratto di compravendita». In applicazione dunque del principio della causalità adeguata, criterio in generale indicato per la valutazione della sussistenza o meno di un rapporto di dipendenza tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare (Cassazione, 22363/2018), i giudici hanno ritenuto sussistere, tra la messa in relazione delle parti e la successiva stipula di un contratto di compravendita, un rapporto di pregiudizialità/dipendenza, mentre risultava irrilevante il fatto che l’affare concluso non coincidesse con quello inizialmente ipotizzato. Infatti, ricordano i giudici, può accadere che, nell’ambito di una normale trattativa, si giunga a determinazioni diverso rispetto a quelle inizialmente programmate.
Perché sia riconosciuto il diritto alla provvigione è quindi fondamentale che la conclusione dell’affare possa ricollegarsi all’opera svolta dal mediatore per l’avvicinamento dei contraenti, purché, però, tale attività costituisca, come nel caso in specie, il risultato utile della condotta dal medesimo posta in essere e, poi, valorizzata dalle parti.