Giustizia

Mediazione negata, il Fisco rischia di pagare due volte

Con la sconfitta in giudizio condanna alle spese di lite e responsabilità amministrativa per il funzionario che ha rigettato l’accordo

L’eccezione che è diventata regola. Un grande classico nell’intricato mondo del diritto italiano, tanto più quando si parla (o si scrive) di regole fiscali. La compensazione delle spese di lite nel processo tributario andrebbe disposta solo nei casi in cui sussistono gravi ed eccezionali ragioni da motivare espressamente. Quindi non dovrebbe rappresentare l’ordinarietà. Invece, stando ai dati delle statistiche sul contenzioso tributario, la realtà sembra tutt’altra. E, in particolare, quando a vincere è il contribuente.

Nei primi tre mesi del 2022, infatti, in caso di esito favorevole per il cittadino, il professionista o l’impresa si è arrivati alla ripartizione delle spese di giudizio in quasi nella metà delle sentenze in primo grado e, addirittura, nel 56,7% in Commissione tributaria regionale. Proprio nei giudizi di appello si determina una forbice di quasi 15 punti rispetto a quando a prevalere è l’Erario. In questa ipotesi, infatti, la compensazione delle spese scende al 42,6 per cento.

Guardando poi al recente passato, i dati dicono che negli ultimi anni la compensazione delle spese di lite si è stabilmente assestata oltre il 50% in primo grado e oltre il 60% in secondo grado.

La doppia condanna

Uno squilibrio almeno i numeri sembrano denunciarlo. Ora, però, la riforma della giustizia tributaria, approvata il 4 agosto in prima lettura al Senato e attesa il 9 agosto al voto finale della Camera, potrebbe cambiare qualcosa, facendo leva sulla fase precedente al contenzioso. Con la modifica introdotta dalle commissioni congiunte Finanze e Giustizia di Palazzo Madama - presiedute da Luciano D’Alfonso (Pd) e Andrea Ostellari (Lega) - si punta a potenziare il perimetro della mediazione, prevedendo la condanna al pagamento delle spese del giudizio per la parte sconfitta che non aveva accettato l’accordo.

Ma c’è di più, perché la soccombenza in giudizio riportata dopo una mancata mediazione potrebbe comportare una condanna doppia per il Fisco o comunque per l’ente impositore, per cui si applica l’istituto deflattivo. La decisione del giudice di far pagare le spese di giudizio rischia di determinare un effetto a catena, portando alla responsabilità amministrativa del funzionario che ha rigettato l’istanza di reclamo in maniera immotivata o non ha accolto la proposta di mediazione. Un tema, questo, che sta sollevando i malumori tra gli addetti ai lavori dell’agenzia delle Entrate. A livello sindacale si sta ragionando su una posizione di contrasto a questa responsabilità amministrativa, che potrebbe avere effetti tutti ancora da valutare.

Ridurre le liti in ingresso

Anche se può sembrare una piramide rovesciata andando a colpire la fase finale del contenzioso (o almeno del grado di giudizio), l’obiettivo è quello di rafforzare la fase preventiva. La “sanzione” raddoppiata della condanna mira evidentemente a fare in modo che il reclamo/mediazione fino a 50mila euro non sia solo un passaggio obbligatorio ma che poi non porta a un’effettiva scrematura preventiva delle controversie in ingresso.

Dall’ultima fotografia disponibile relativa al 2021 - riportata dalla Corte dei conti nella relazione sul rendiconto generale dello Stato - emerge come a fronte di poco più di 35mila istanze presentate nei soli confronti delle Entrate poco più di 2.300 si sono concluse con un accordo di mediazione: si tratta di circa il 7% (una percentuale in diminuzione rispetto al 2020). Mentre sono il 15,4% le istanze che hanno portato a un acoglimento tempestivo.

Il trend di fondo, però, mostra una continua crescita dei dinieghi delle istanze da parte dell’amministrazione finanziaria: nel 2016 erano il 47% mentre nel 2021 sono diventati il 59 per cento. Numeri che, secondo l’analisi della Corte dei conti, sembrano evidenziare che «l’azione deflattiva della mediazione si stia ridimensionando, sia in termini assoluti (istanze inviate), quanto in termini di risultati (minori quote di mediazioni raggiunte)».

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