Mediazione, valida la procura speciale solo se autenticata dal notaio
La procura speciale rilasciata allo scopo di rappresentare la parte in sede di mediazione non può essere autenticata dal difensore - Il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili, direttamente dal difensore
La sentenza n. 393/2022 del Tribunale di Genova , pubblicata in data 15/02/2022, con motivazione esaustiva ha chiarito quali sono le formalità necessarie a cui deve badare l'avvocato che voglia rappresentare il proprio assistito in sede di mediazione, quale parte attiva, al fine di non incappare nell'eccezione di improcedibilità. In particolare il Giudice precisa che è insufficiente una procura speciale sostanziale da parte del cliente in favore del proprio avvocato, che non sia stata altresì autenticata da notaio.
A tale riguardo la sentenza in esame si richiama alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 8473/2019 , che pure è stata oggetto evidentemente di strumentali interpretazioni opposte.
Tuttavia la Suprema Corte è stata senz'altro chiara al riguardo stabilendo che "la procura speciale rilasciata allo scopo (n.d.r. lo scopo di rappresentare la parte in sede di mediazione) non può essere autenticata dal difensore, perché il conferimento del potere di partecipare in sua sostituzione alla mediazione non fa parte dei possibili contenuti della procura alle liti autenticabili direttamente dal difensore".
L'avvocato ha infatti il potere di autenticare la firma del proprio cliente avuto solo ed esclusivamente riguardo al mandato alle liti in suo favore, come previsto dall'art. 83, III com., Cod. Proc. Civ.; ma si tratta di una norma eccezionale, che non può essere fatta oggetto di un'interpretazione estensiva.
Poiché dunque la partecipazione ad un incontro in sede di mediazione (per quanto si possa trattare di una fase prodromica ad una probabile futura vertenza giudiziale) non costituisce ancora un giudizio vero e proprio, ne consegue che l'avvocato, in tale sede, non ha alcun potere di rappresentare gli interessi del proprio cliente, salvo che non lo dimostri attraverso una procura in proprio favore, che solo il notaio può autenticare.
E' evidente quale sia l'intento del legislatore, forse indotto anche da una scarsa fiducia nella buona volontà degli avvocati contrapposti, in ordine a favorire le conciliazioni tra i propri rispettivi clienti: ossia, quello di "costringere" le parti personalmente ad un confronto tra di loro, senza il filtro dei rispettivi legali, al fine, anche con l'apporto del mediatore, di favorire un possibile accordo ed evitare un giudizio.
Insomma, lo scopo deflattivo della mediazione rischierebbe di essere vanificato (secondo la filosofia che sembra intessere la norma dettata dal Legislatore), se ancora una volta si lasciasse il pallino nelle mani esclusive degli avvocati e se i loro clienti restassero emarginati dal tavolo della mediazione stessa.
Infine la sentenza è stata altresì attenta nel precisare su quale delle due parti incombesse l'onere (pena l'improcedibilità) di attivarsi per la mediazione; infatti, nonostante l'istituto di credito fosse il c.d. convenuto opposto nella fase di impugnazione del decreto ingiuntivo da questi ottenuto in fase monitoria, e nonostante il precedente Giudice avesse ordinato all'attore opponente (e quindi a quello che era poi il convenuto sostanziale della vertenza) di attivare il procedimento di mediazione, il Tribunale ha correttamente ritenuto che il soggetto tenuto ad attivarsi per evitare la declaratoria di improcedibilità fosse la parte opposta, l'ente creditore che aveva ottenuto il decreto ingiuntivo ex adverso impugnato, nella sua qualità di attore sostanziale e di creditore effettivo.
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*A cura dell' Avv. Carlotta Dolcino, A.L. Assistenza Legale - Genova