Misure cautelari: l'ordinanza sul riesame può integrare la motivazione del primo giudice
Anche a seguito delle modifiche apportate agli articoli 292 e 309 del codice di procedura penale dalla legge 16 aprile 2015 n. 47, l'ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l'eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell'autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, in quanto, ricorrendo tali ipotesi, il tribunale del riesame è tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura. Lo dice la Cassazione con la sentenza n. 44930 dell’8 ottobre 2018.
Per l'effetto, è apparente la motivazione quando il tribunale del riesame, di fronte all'eccezione difensiva relativa alla mancanza di un'autonoma valutazione da parte del Gip dei requisiti normativi previsti per l'adozione della misura coercitiva, confermi il provvedimento cautelare limitandosi ad affermare, in modo generico e sintetico, che il giudice, «in più parti», ha inserito le proprie conclusioni e indicato gli elementi valutativi, senza precisare in quali punti, passaggi o pagine dell'ordinanza possa rinvenirsi l'autonoma valutazione che l'articolo 292 del codice di procedura penale richiede a pena di nullità.
Il principio, peraltro, vale anche per l'ipotesi inversa, onde è parimenti apparente la motivazione quando il tribunale del riesame, investito dell'eccezione difensiva relativa alla mancanza di un'autonoma valutazione da parte del giudice che ha applicato la misura cautelare degli elementi forniti dalla difesa, annulli il provvedimento cautelare senza specificare, nel loro contenuto, gli elementi di fatto che, rappresentati dalla difesa, non sono stati tenuti nel dovuto conto dal giudice procedente (nella specie, accogliendosi il ricorso del pubblico ministero, è stata così annullata con rinvio l'ordinanza del tribunale del riesame che, con argomentazioni definite «di stile», aveva a sua volta annullata l'ordinanza cautelare, limitandosi a affermare che in questa non erano stati valutati gli elementi di fatto valorizzati dalla difesa, senza neppure indicarli).
È vero che, in materia di misure cautelari personali, l'obbligo di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa, è imposto sia al giudice che emette l'ordinanza sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorché tali elementi siano prospettati dinanzi a quest'ultimo (sezione VI, 13 giugno 2017, Romeo; nonché, sezione I, 15 novembre 2011, Borgnis). Ma è anche vero - e in questa prospettiva si è posta la sentenza massimata - che la previsione dell'obbligo di esporre e valutare in modo autonomo «gli elementi forniti dalla difesa» riguarda gli elementi di fatto o, comunque, gli elementi su di essi fondati, e non le mere deduzioni o le dichiarazioni che si limitino a esporre ricostruzioni alternative, magari fantasiose o del tutto avulse dalle risultanze probatorie: perché, al contrario, l'onere motivazionale si disperderebbe in inutili e defatiganti considerazioni prive di riferimenti fattuali, con pregiudizio per la stessa comprensibilità della motivazione (così, sezione III, 8 marzo 2016, Barra e altri).
Cassazione - Sezione V penale - Sentenza 8 ottobre 2018 n. 44930