Misure di prevenzione: ok a sorveglianza speciale riattivata prima del 6 dicembre 2013 senza rivalutare pericolosità
L'obbligo procedurale del giudice dell'esecuzione non vale per situazioni già definite contro cui era azionabile la domanda di revoca
La misura di prevenzione personale può essere riattivata al momento della scarcerazione se era stata sospesa in concomitanza del periodo di detenzione carceraria. Riattivazione ex officio senza rivalutazione della pericolosità sociale del soggetto è la strada che nel caso concreto poteva essere seguita senza incorrere in legittimità. Almeno fino alla pronuncia della Corte costituzionale n. 291/2013 che ha invece determinato l'obbligo di rivalutazione da parte del giudice dell'esecuzione. Lo hanno affermato i giudici della prima sezione della Cassazione con la sentenza 20 maggio 2021 n. 20133.
La vicenda all'esame della Suprema corte
Il ricorrente era stato, infatti, scarcerato prima del deposito della sentenza costituzionale. E la misura personale riprendeva vigore senza alcuna procedura di rivalutazione della sua idoneità e, in particolare, della pericolosità del condannato.Il ricorrente per cassazione sosteneva che tale lacuna procedurale contrastava di fatto anche con il principio affermato dalle sezioni Unite penali con la sentenza n. 51407/2018 secondo cui è invalida la reviviscenza ex officio della misura di prevenzione sospesa con la conseguenza che le eventuali violazioni della stessa sono penalmente irrilevanti. E, sempre secondo il ricorrente, a nulla rileva che la decisione costituzionale sia successiva alla riattivazione della prevenzione in quanto tale pronuncia ha eradicato dall'ordinamento un "vizio strutturale" con effetti ex tunc.
La sentenza della Cassazione n. 20133/2021 nel respingere le pretese difensive ha affermato il riverberarsi di una decisione di incostituzionalità a situazioni sovrapponibili anche se espressa relativamente a una diversa norma incriminatrice. Ma ha ribadito il limite delle situazioni esaurite tra cui rientra anche la riattivazione della misura preventiva sospesa e ancora in corso, che determina la sussistenza della responsabilità penale in caso sia violata.
Certo per il futuro sarà obbligatoria la rivalutazione dei presupposti per la riattivazione, ciò che prima avveniva, invece, solo su istanza di revoca del condannato.
L'interpretazione della Cassazione
La Corte costituzionale, con la sentenza 6 dicembre 2013 n. 291 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 12 della legge 1423/1956 sulle misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità dove non prevedeva che - se riattivate - il giudice dovesse procedere a una rivalutazione anche d'ufficio della persistenza della pericolosità sociale al momento dell'esecuzione della misura. Partendo dal fatto che la norma nel mirino della Consulta non era quella del codice antimafia violata dal ricorrente, la Cassazione ammette il riverberarsi della pronuncia su una fattispecie completamente sovrapponibile nella sostanza. Ma arresta tale efficacia a fronte di giudicato divenuto definitivo. Tale interpretazione è espressa dalla Cassazione attraverso l'enunciamento di specifico principio: in caso sia intervenuta condanna definitiva per il reato previsto dall'articolo 75 del Codice antimafia (violazioni della sorveglianza speciale) non è proponibile la domanda di revoca per abolizione della fattispecie incriminatrice se la sottoposizione alla misura di prevenzione, prima sospesa, sia avvenuta prima del 6 dicembre 2013 (data di efficacia della sentenza costituzionale) e in assenza di rivalutazione dell'attualità e della persistenza della pericolosità dopo la scarcerazione.