Molestie al padre per l’invio al figlio di sms e messaggi whatsapp, ma non per le mail
Ciò che rileva ai fini della vietata petulanza realizzata con messi di comunicazione a distanza è l’intrusività del mezzo utilizzato nella vita quotidiana della vittima
La mail non è molesta al pari degli sms o dei messaggi whatsapp. Questo in estrema sintesi l’orientamento ribadito dalla Corte di cassazione penale con la sentenza n. 8231/2025, con cui ha rigettato il ricorso di un padre condannato a 200 euro di ammenda, ma che la decisione di legittimità ha ridotto di un terzo proprio affermando che “il fatto non sussiste” in ordine alla mail inviate dal ricorrente, mentre ha confermato la rilevanza penale degli invii molesti realizzati con le altre due modalità telefoniche.
Dalle liti familiari alle molestie
Il comportamento molesto verso il figlio nell’ambito di conflittualità familiare, può quindi far scattare la responsabilità penale del padre a norma dell’articolo 660 del Codice penale. Ossia il contesto “intimo” non scrimina in sé le attività moleste e di vero e proprio disturbo realizzate ai danni di un altro familiare. Se la condotta è poi realizzata con gli strumenti della comunicazione a distanza - diversi dalla ben più antica telefonata cui si riferisce la norma penale - questa va valutata in base al grado di intrusività che i nuovi mezzi comportano.
Afferma quindi la Cassazione che va dato rilievo all’orientamento giurisprudenziale che differenzia l’invio di messaggi tramite posta elettronica o smartphone.
Infatti, secondo i giudici di legittimità l’invio di un’e-mail non raggiunge quel livello di disturbo che fa scattare il reato, poiché è strumento consultabile con volontari accessi alla casella di posta personale che non raggiunge il destinatario ovunque egli si trovi e con anticipate segnalazioni (rectius, notifiche) che in tempo reale lo allertano sul fatto che il molestatore ha nuovamente postato o inviato un messaggio. Tali evenienze sono quelle che, invece, si realizzano con gli invii di messaggi tramite whatsapp o il più risalnte sistema telefonico di sms.
Infine, la Cassazione nell’escludere l’illegittimtà del mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ha però corretto l’enunciato dei giudici dove ne escludevano la riconoscibilità a causa della continuazione del reato. La Suprema corte ricorda appunto ai giudici di merito che non è ravvisabile il reato continuato in una fattispecie penale che punisce proprio delle condotte reiterate.