Morte del convivente, non basta la sola coabitazione per il risarcimento del danno
E' necessario dimostrare un saldo e duraturo legame con la vittima
Il diritto al risarcimento del danno derivante dalla morte di una persona va riconosciuto anche al convivente more uxorio del defunto, quando risulti dimostrata l'esistenza di una relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale. A tal fine, non basta la mera coabitazione con la vittima, anche se questa è di lunga durata. A specificarlo è il Tribunale di Ravenna con la sentenza n. 312/2020.
La vicenda
La controversia prende le mosse da uno sfortunato incidente che ha coinvolto un uomo, il quale si era recato presso l'officina meccanica di un suo amico per chiedere delucidazioni in merito al funzionamento dei torni presenti all'interno dell'officina. Improvvisamente, a causa del malfunzionamento di una delle macchine ci fu una violenta deflagrazione e la proiezione di materiali nel locale. Uno di questi pezzi colpì l'uomo provocandone la morte. In seguito fu instaurato un procedimento penale a carico del titolare dell'officina meccanica, concluso con l'archiviazione, essendosi trattato di un imprevedibile incidente. Tuttavia, la compagna del defunto agiva in sede civile chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, ritenendo che la responsabilità dell'evento fosse da ricondurre al meccanico, per aver utilizzato un macchinario che sapeva essere malfunzionante.
La decisione
Il Tribunale nega però ogni pretesa risarcitoria da parte della donna, condividendo le conclusioni già raggiunte in sede penale: tragico incidente senza alcuna responsabilità per il meccanico. Ad ogni modo, il giudice si sofferma sulla richiesta di risarcimento sottolineando come essa sia del tutto carente sia in ordine alla sussistenza della situazione meritevole di protezione, ovvero della convivenza more uxorio o famiglia di fatto; sia in ordine alla prova di qualsiasi danno patrimoniale o morale.
Quanto al primo punto, il Tribunale conferma sì che il risarcimento del danno da uccisione del prossimo congiunto spetta anche al convivente more uxorio, purché però vi sia la dimostrazione di un saldo e duraturo legame con la vittima. Ebbene, dalla richiesta della donna emergeva con chiarezza soltanto la mera coabitazione con il defunto per circa 10 anni, senza alcun approfondimento circa il rapporto effettivo con lo stesso. Stessa lacuna probatoria si ha anche per la quantificazione del danno, non essendo allegati e provati il reddito del defunto «e, soprattutto, il contributo patrimoniale e personale apportatole in vita dal convivente, con carattere di stabilità, venuto a mancare in conseguenza della sua morte».
Pertanto, chiosa il giudice, in presenza della prova della sola coabitazione, ma non anche di una comunanza di vita e di affetti, nonché della reciproca assistenza morale e materiale, nessuna richiesta risarcitoria può essere accolta.