Civile

Mutuo Ipotecario: non sermpre virtuoso il comportamento delle banche

Le crisi aziendali sono all'ordine del giorno da ormai troppi anni e non solo a causa dell'attuale stallo causato dalla pandemia in corso che, com'è noto, nel nostro paese si è innestata in una situazione di stagnazione prolungata.

di Anna Lisa Marino*


Le crisi aziendali sono all'ordine del giorno da ormai troppi anni e non solo a causa dell'attuale stallo causato dalla pandemia in corso che, com'è noto, nel nostro paese si è innestata in una situazione di stagnazione prolungata.

Lo sanno bene gli imprenditori che continuano a operare in condizioni di grave sofferenza, spesso soffocati dall'illiquidità delle loro imprese. Per molti di loro il ricorso al credito bancario è sembrato essere un'opportunità per cercare di rimettere in moto il motore inceppato delle attività produttive. Tuttavia, quello che speravano fosse il rifugio del naufrago si è rivelato un ulteriore passo falso.

Il tentativo di ripianare debiti già contratti con la banca attraverso la sottoscrizione di mutuo - necessariamente ipotecario - si è rivelato per tanti un boomerang dagli effetti devastanti. In molti casi la crisi di liquidità non è stata risolta, spesso neanche postergata, e le proprietà ipotecate sono diventate la cassaforte dell'istituto di credito, il quale si è collocato in una posizione molto più confortevole e sicura rispetto a quella originaria.

Così, dopo aver stipulato il mutuo l'imprenditore ha realizzato che l'immobile dato in garanzia di fatto ha un altro padrone - vale a dire la banca - e che i denari del mutuo sono serviti soltanto per eseguire una semplice partita di giro, trasformando il debito chirografario in ipotecario. Al termine dell'operazione, l'istituto di credito ha raggiunto il risultato di aver coperto con adeguata garanzia un prestito che prima era a rischio senza che l'impresa in difficoltà abbia potuto trarre un corrispondente beneficio. L'epilogo della vicenda è tristemente noto, crisi irreversibile con conseguente apertura di una procedura concorsuale.

Delle vicissitudini dei malcapitati imprenditori e delle loro aziende sono interessati i tribunali fallimentari dove si fronteggiano le confliggenti istanze delle curatele fallimentari e degli istituti bancari.

I tentativi di "arginare" ex post la capacità di incidenza delle banche sul patrimonio immobiliare delle imprese hanno visto sventolare la bandiera della simulazione piuttosto che quella della nullità del contratto di mutuo e hanno trovato un attento vaglio dei giudici di legittimità.

La giurisprudenza più recente sembra tendere a un cambio prospettico di osservazione, spostando l'attenzione sulle finalità concrete perseguite con la sottoscrizione di un mutuo ipotecario finalizzato all'estinzione di un precedente debito.

Negli ultimi anni si sta delineando un orientamento giurisprudenziale che valuta criticamente la posizione assunta dall'istituto di credito mutuante, soprattutto nel caso - molto frequente nella prassi - nel quale l'erogazione del mutuo è servita a estinguere esposizioni debitorie in chirografo già maturate con la stessa banca.

Al fine di comprendere la traccia interpretativa della più recente giurisprudenza meritano attenzione alcuni passaggi della requisitoria della Procura Generale della Cassazione chiamata a intervenire nel procedimento concluso con la sentenza n. 2483 del 8 febbraio scorso. Il Sostituto Procuratore Generale ha evidenziato, in particolare, che "le ragioni sottese all'ordinanza interlocutoria della Corte vanno ricercate, in prima battuta, nella necessità di stabilire se nei casi in cui il mutuo stipulato per "contestualizzare" un'ipoteca per debiti pregressi si possa configurare un contratto in frode alla legge, ed in quanto tale nullo, oppure se l'intento di frodare i creditori non generi un caso di nullità, posto che l'ordinamento prevede altri rimedi per tutelare la posizione dei creditori concorrenti".

Il passaggio è di grande rilievo poiché l'analisi è svolta sull'ipotesi di nullità del contratto di mutuo e il campo di osservazione si amplia arrivando a valutare se la condotta tenuta dall'imprenditore e dalla banca abbia determinato un aggravamento del dissesto finanziario dell'impresa, nella prospettiva della tutela del regolare svolgimento del mercato.

La disamina è rivolta all'accertamento della nullità del contratto, che costituisce la fonte dell'obbligazione fatta valere dalla banca in sede di ammissione al passivo, sull'osservazione che la sua causa sia illecita per contrarietà a norme imperative e, in particolare nel caso preso in esame, in violazione degli art. 217 n. 4 e 218 della legge fallimentare.

L'indagine speculativa muove i suoi passi cercando di valutare la condotta delle parti, imprenditore e istituto di credito, e, in particolare, di appurare se esse abbiano inteso mantenere artificiosamente in vita l'impresa attraverso il ricorso all'uso abusivo del credito.

L'ipotesi della nullità del contratto, quindi, non è esclusa a priori, piuttosto è valutata come possibile e plausibile, salvo poi non configurarsi, nel caso preso in esame, per un difetto probatorio nel merito.

La nullità del contratto di mutuo è stata oggetto di analisi, ancora, sotto il profilo della totale destinazione delle somme mutuate per l'estinzione del debito chirografario contratto con la medesima banca erogante. A tal proposito il Procuratore ha osservato: "la nullità del mutuo è la naturale conseguenza dell'accertamento della deviazione dallo scopo previsto dal contratto per la destinazione delle somme erogate, come di recente ribadito dalla Corte in un caso del tutto analogo a quello oggetto di causa (Cass. 26770/2019)"… "la nullità dell'intera operazione e, in particolare, del mutuo ipotecario implica, il diritto del creditore alla restituzione di quanto corrisposto al debitore non a titolo di mutuo (di cui, appunto, è accertata la nullità), ma, inevitabilmente, quale indebito ex art. 2033 c.c.". L'effettiva destinazione delle somme mutuate ha reso palese la distorsione dell'uso del contratto tanto da configurarne la nullità. Anche sulla scorta dei rilievi svolti dalla Procura, il Collegio giudicante è arrivato alla seguente conclusione: "è dunque da chiedersi se la presenza della valuta, di cui alla nuova operazione concordata tra la Banca e il suo cliente, su un conto corrente in cui risulti appostata la somma da quest'ultimo attualmente dovuta integri, o meno, gli estremi di un'operazione di mutuo. La risposta non può che essere negativa, sul filo dei rilievi che la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di esplicitare (cfr. Cass., 5 agosto 2019, n. 20896; Cass., 8 aprile 2020, n. 7740). La struttura contrattuale del mutuo implica la consegna delle somme di denaro che ne costituiscono oggetto. E, per quanto possa essere realizzata anche a mezzo di forme assai rarefatte, comunque la traditio deve - per essere tale - realizzare il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario: farle muovere, farle transitare dal patrimonio dell'uno al patrimonio dell'altro, cioè, così comportando, in particolare, un conseguente trasferimento della proprietà delle somme (art. 1814 c.c.), con la connessa, acquisita loro disponibilità ex art. 832 c.c. da parte del mutuatario. Appare chiaro, in effetti, che, senza il compimento di un simile passaggio – senza l'effettivo trasferimento della proprietà delle somme e la connessa, acquisita loro disponibilità -, non potrebbe neppure ipotizzarsi, in ogni caso, la sussistenza dell'obbligo di restituzione che la parte finale della disposizione dell'art. 1813 c.c. pone in capo al mutuatario" (Cass. Civ. I sezione 24836/2021 – Est. dr Dolmetta).

Si potrebbe ritenere che l'approccio giurisprudenziale sia diretto a posizioni di maggiore rigore nella valutazione di incaute e inopportune operazioni bancarie? Non è ancora così e a dimostrarlo è la disomogeneità delle pronunce in materia.

*a cura dell'Avv. Anna Lisa Marino, Centro Studi Borgogna

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