Penale

Negare l'ostensione degli atti amministrativi può costituire abuso d'ufficio

Sono accessibili tutti i documenti amministrativi a eccezione di quelli tassativamente indicati dalla normativa

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di Pietro Alessio Palumbo


Il diritto di accesso è esercitabile fino a quando la pubblica amministrazione ha l'obbligo di detenere i documenti amministrativi ai quali si chiede di accedere. L'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza. Non sono accessibili le informazioni in possesso di una pubblica amministrazione che non abbiano forma di documento amministrativo, salvo quanto previsto in materia di accesso a dati personali da parte della persona cui i dati si riferiscono. Sono quindi accessibili tutti i documenti amministrativi a eccezione di quelli tassativamente indicati dalla normativa che principalmente esclude dall'accesso: i documenti coperti da segreto di Stato; gli atti dei procedimenti tributari per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano; gli atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione; gli atti contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale nei procedimenti selettivi.
Su queste basi secondo la Corte di cassazione (sentenza 37341/2022) rigettare una istanza di accesso agli atti può costare una condanna per abuso d'ufficio.
A giudizio della Suprema Corte la disciplina sul diritto d'accesso agli atti certamente consente alle singole amministrazioni di individuare le categorie di documenti comunque sottratti all'accesso. Ma sempre nei limiti dei casi tipizzati. Diversamente può trovare luogo il dispositivo penalistico secondo cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. E la pena può essere aumentata nei casi in cui il danno ha carattere di rilevante gravità.

Secondo la difesa dell'imputato la disciplina sull'accesso agli atti che tipizza i casi nei quali la pubblica amministrazione può rifiutare l'ostensione dei documenti richiesti dal privato non sarebbe una norma di diretta e immediata applicazione dalla quale far discendere la violazione diretta dei precetti penalistici sull'abuso d'ufficio, in quanto difetterebbero le specifiche regole di condotta previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità. La disciplina sull'accesso consentirebbe, infatti, alle singole pubbliche amministrazioni di individuare le categorie di documenti sottratti all'accesso e, dunque, postulerebbe l'esercizio di un potere regolamentare. Tuttavia secondo la Corte di cassazione non va confuso il tema del riparto di competenze tra legge e regolamento nel tipizzare le ipotesi di esclusione del diritto di accesso, con il distinto tema della regola di condotta, discrezionale o vincolata, per il pubblico agente a fronte della richiesta di accesso ai documenti amministrativi. La sottrazione all'accesso deve essere giustificata dall'esigenza di proteggere dati sensibili o interessi particolarmente qualificati (epistolari, sanitari, professionali, finanziari, industriali, commerciali).
Nel caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte, oltretutto, l'accesso era stato negato per una parte della documentazione anche dopo che la Procura della Repubblica aveva dato il proprio nulla-osta; ossia quando non poteva più esservi alcun dubbio sull'assenza di profili di riservatezza.

A ben vedere l'istanza di accesso non può essere respinta per genericità quando il privato non sia in grado di elencare puntualmente i documenti di proprio interesse. Occorre tenere distinta l'asimmetria informativa, dall'accesso esplorativo. La parte che dispone di minori informazioni, ossia il privato, ha soltanto l'onere di chiarire con una descrizione priva di tecnicismi l'oggetto sostanziale su cui intende raccogliere le informazioni contenute nei documenti amministrativi. Spetta poi alla parte che possiede le maggiori informazioni, ossia agli uffici amministrativi, interpretare correttamente e lealmente le indicazioni fornite dal privato, rendendo agevole l'individuazione e l'acquisizione dei documenti rilevanti.

Nella vicenda questa forma di collaborazione era mancata. Al privato era stato chiesto di precisare i documenti con un dettaglio oggettivamente inesigibile, ed era stata imposta una durata del procedimento di accesso irragionevole e del tutto sproporzionata. Anche l'interlocuzione con gli uffici era stata resa difficile a causa del ripetuto utilizzo della formula della incompetenza dell'addetto allo sportello. Questo comportamento contraddice uno dei principi dell'attuale organizzazione amministrativa, ossia l'obbligo di mettere in relazione i cittadini con un funzionario investito del potere di rispondere direttamente alle istanze presentate.

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