Immobili

Negozio danneggiato dagli scarichi, va provata la causa della chiusura

Respinto il ricorso di una società titolare di un'attività commerciale che aveva citato in giudizio tre condomìni adiacenti

immagine non disponibile

di Annarita D’Ambrosio

Difficile dimostrare che la chiusura di un esercizio commerciale che aveva subito danni da infiltrazioni condominiali fosse proprio causata da questi ultimi. Respinto dalla Cassazione, perciò, con pronuncia 31251/2021 depositata il 3 novembre, il ricorso della società titolare dell’attività commerciale, che nell’aprile 2005 aveva citato in giudizio tre condomìni adiacenti per i danni causati da fuoriuscita di liquami fognari da una condotta di scarico di loro pertinenza.

A essere stata seriamente danneggiata era la merce che si trovava all’interno del negozio, costretto pertanto a chiusura forzata per lavori per cinque mesi, una sospensione troppo lunga al termine della quale l’attività non era ripresa come prima, fino a cessare del tutto. Nulla di tutto ciò ,replicavano gli amministratori dei condomìni chiamati in causa. Per i giudici di merito impossibile correlare la cessata attività con i danni subiti, inutili le prove testimoniali come l’ammissione della Ctu e non sufficiente la documentazione prodotta. Contro questo ragionamento, pertanto, la ditta si era rivolta alla Suprema corte segnalando più di una presunta violazione normativa che il giudice d’appello non avrebbe rilevato.

I giudici di legittimità però hanno confermato le precedenti sentenze: quanto ai testimoni avrebbero dovuto provare la redditività dell’esercizio commerciale e gli utili realizzati negli anni precedenti, prova che avrebbe dovuto essere documentale non verbale, quindi non necessaria. Stessa cosa può dirsi rispetto alla Ctu. «La decisione di ricorrere o meno a una consulenza tecnica costituisce un potere discrezionale del giudice che nel caso in esame non ha ritenuto percipiente l’incarico» si legge. In sostanza il consulente sarebbe stato chiamato ad accertare fatti non altrimenti accertabili diventando una fonte diretta di prova, ma quei fatti, ovvero la correlazione tra la chiusura per lavori e quella definitiva, in difetto di prove sui danni patrimoniali subiti, era impossibile.

I giudici della Cassazione chiosano pertanto richiamando precedenti sentenze secondo le quali «i danni dalla perdita di guadagno di un’attività commerciale per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilità di una precisa dimostrazione» (Cassazione 3596/1997; Cassazione 132/1987). Spetta all’attore l’onere di fornire elementi e al giudice di quantificare il danno in base ad essi. Nel caso in esame la prova non era invece stata prodotta.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©