Penale

Nessun divieto di pubblicazione per gli atti contenuti nel fascicolo archiviato

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22503 depositata oggi, segnalata per il “Massimario”

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di Francesco Machina Grifeo

Legittima la pubblicazione in un libro delle intercettazioni, e di altri atti, facenti parte di un provvedimento archiviato. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 22503 depositata oggi, segnalata per il “Massimario”, che ha respinto il ricorso del Procuratore della Repubblica di Bolzano contro l’assoluzione dei due autori disposta dal Gip per “insussistenza del fatto”.

Dunque, dopo la chiusura delle indagini preliminari, anche se l’azione penale non viene esercitata, il divieto di pubblicazione degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero deve ritenersi “caducato”. A rafforzare una simile orientamento, argomenta la Corte, è anche il testo dell’art. 114 Cpp che, al co. 3, prevede la prosecuzione di un divieto di pubblicazione solo quando “si procede al dibattimento”, e al comma 5 stabilisce una “specifica procedura” per applicare il divieto di pubblicazione qualora non si proceda al dibattimento.

“Gli atti contenuti in un fascicolo per il quale è stata disposta l’archiviazione, quindi - scrivono i giudici -, devono ritenersi non coperti da segreto e non colpiti da un generale divieto di pubblicazione”.

Né, prosegue la Corte, conta il fatto che il Pm avesse operato uno stralcio dell’originario procedimento formando un nuovo fascicolo a carico soltanto di alcuni degli originari indagati e contenente “le medesime indagini” e dunque anche le “predette intercettazioni”.

Per la Prima sezione penale, infatti, “l’avvenuta archiviazione del procedimento stralciato, contenente tali atti, ha reso gli stessi pubblicabili, perché la chiusura delle indagini preliminari, avvenuta senza l’esercizio dell’azione penale, ha fatto venir meno il divieto di pubblicazione, che ai sensi dell’art. 114, comma 3, Cpp prosegue solo “se si procede al dibattimento”. Mentre l’estensione di tale divieto ad un’ipotesi non prevista, quale l’archiviazione del procedimento, costituirebbe un’analogia non ammissibile, perché diretta ad ampliare il contenuto del reato previsto dall’ art. 684 Cp.

Gli atti contenuti nel nuovo fascicolo, pertanto, non soggiacciono al divieto di pubblicazione stabilito dall’art. 114 Cpp, “perché relativi ad un procedimento archiviato, per il quale cioè le indagini preliminari sono concluse, non si è proceduto al dibattimento, e non è stato adottato alcuno specifico divieto di pubblicazione”. E la tutela del principio costituzionale del giusto processo e del libero convincimento del giudice non può avvenire per analogia in malam partem.

Del resto, argomenta la Cassazione, una via d’uscita era nelle facoltà del Pm che avrebbe potuto adottare una diversa procedura. In particolare, avrebbe potuto omettere di inserire, nel procedimento stralciato per il quale intendeva chiedere l’archiviazione, gli atti che voleva utilizzare nel dibattimento relativo ad altri indagati o ad altri reati, oppure avrebbe potuto chiedere al giudice di estendere su questi ultimi il segreto (ai sensi dell’art. 114, co. 5, Cpp).

In definitiva, conclude la Corte, “la possibilità di conciliare i due principi costituzionali della libertà di stampa e del giusto processo applicando una procedura prevista dalle norme del codice di procedura consente di escludere che la pubblicazione di atti inseriti nel fascicolo di un procedimento per il quale è stata disposta l’archiviazione possa costituire il reato di cui all’art. 684 Cp”.

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