Penale

Nessuna attenuante di speciale tenuità per chi favorisce l’immigrazione clandestina

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di Giovanni Negri

Non è che lo scafista può fare leva sull’esiguità della somma strappata ai migranti per ottenere un’attenuante che gli ridurrebbe la pena. La Corte di cassazione mette nero su bianco il principio di diritto per cui «in tema di atti diretti a procurare illegalmente l’ ingresso di stranieri extracomunitari nel territorio dello Stato o di altro Stato dell’Unione europea e, in generale, in tema di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in considerazione della natura, dell’entità e dell’importanza della messa in pericolo degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, la modestia del compenso corrisposto, o promesso, dallo straniero favorito al soggetto attivo del reato per remunerare la condotta delittuosa, non comporta il riconoscimento della attenuante comune del danno patrimoniale di speciale tenuità».

La Corte, con la sentenza n. 9636 della Prima sezione penale depositata ieri, ha annullato il verdetto del Gip di Imperia che aveva sì condannato un cittadino extracomunitario per avare favorito l’ingresso in Francia di un gruppo di clandestini, ma, nello stesso tempo, aveva ritenuto che, con le attenuanti generiche, concorresse anche l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità. Per giudice delle indagini preliminari, infatti, la condotta criminale rappresentava il frutto di un accordo estemporaneo concluso in prossimità del confine, senza collegamenti con le fase precedenti della migrazione; inoltre la consistenza del prezzo pattuito era assai modesta, visto i migranti avevano corrisposto 50 euro per il passaggio oltreconfine.

Linea contestata dal ricorso della procura che sottolineava invece come il danno provocato ai migranti non poteva certo essere considerato lieve, visto che si sarebbe dovuto tenere conto del complessivo danno patrimoniale prodotto a soggetti privi di uno stabile radicamento, di un reddito legittimo, di attività lavorativa sul territorio nazionale.

La sentenza procede a una ricostruzione del quadro giuridico che puntualizza, tra l’altro, come il reato che consiste nel compere atti indirizzati a favorire l’ingresso illegale di una persona nello Stato (articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998) ha natura di reato di pericolo ed è del tutto irrilevante che lo scopo sia stato raggiunto.

In ogni caso, ricorda ancora la Cassazione, l’attenuante del danno di lieve entità è applicabile anche ai reati di pericolo quando sono plurioffensivi e colpiscono anche il patrimonio. L’eventuale assenza del danno patrimoniale non esclude comunque l’eistenza quando è compromesso l’altro interesse protetto dalla norma, diverso da quello patrimoniale.

Pertanto, il reato in discussione (che può consistere anche nell’agevolare il passaggio nello Stato confinante, come avvenuto nella vicenda approdata in Cassazione) tutela l’interesse dello Stato alla sicurezza e alla cooperazione, «senza che occorra la realizzazione di un ingiusto profitto da parte dell’agente, il cui perseguimento aggrava, invece, il reato base, che si perfeziona con il compimento di atti volti al potenziale ingresso illegale dello straniero, rimanendo del tutto irrilevante il perseguimento dello scopo».

Diversa invece era stata la posizione del Gip, che aveva concesso l’attenunate, trascurando, tra l’altro, che, anche a volere ritenere pulrioffensivo il reato in questione, il pregiudizio provocato ai clandestini non poteva certo essere ritenuto lievissimo e neppure di valore economico irrilevante.

Corte di cassazione – Sentenza 9636/2017

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