Nessuna possibilità di "integrativa" per il Patent Box autoliquidato
L'Agenzia nega la possibilità di predisporre la documentazione oltre i termini ordinari e di fruire del beneficio Patent Box tramite dichiarazione integrativa
Rispondendo ad un quesito prospettato il 28 maggio u.s. in occasione del Coordinamento degli Ordini dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili della Lombardia, la Direzione Regionale della Lombardia dell'Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni aspetti rilevanti della disciplina del Patent Box in regime di autoliquidazione (cfr. art. 4 d.l. n. 34/2019, c.d. "Decreto Crescita").
Infatti, in tale occasione, veniva richiesta la possibilità di inviare una dichiarazione integrativa, a rettifica di quella inviata entro il termine ordinario, senza aver indicato né l'opzione né il beneficio e senza aver avuto a disposizione il necessario set documentale con firma elettronica e marca temporale.
A tal riguardo, l'Agenzia ha risposto che l'assenza degli oneri documentali alla scadenza dei termini ordinari per l'invio della dichiarazione dei redditi non consentirebbe di avere accesso al beneficio con le modalità di autoliquidazione. La DRE ha precisato che l'indicazione dell'opzione in dichiarazione sarebbe qualificabile, in termini giuridici, nell'ottica di una dichiarazione di volontà (e non di una dichiarazione di scienza) e, coerentemente, il rimedio - come pure già affermato nella Circolare n. 28 del 29 ottobre 2020 - per sanare un siffatto inadempimento sarebbe quello della c.d. "remissione in bonis" di cui all'art. 2 del d.l. n. 16/2012, in presenza dei relativi presupposti.
Tale assunto però non sembra risolutivo, perché, nonostante i chiarimenti forniti nella citata Circolare dell'anno scorso, rimanevano ancora dei dubbi circa la possibilità di optare per il regime di autoliquidazione del Patent Box tramite "dichiarazione integrativa". Si pensi, ad esempio, ad un'impresa che avesse tutti i requisiti per beneficiare dell'agevolazione (beni immateriali agevolabili, attività di R&S), ma non avesse predisposto, nei termini previsti, la "documentazione idonea" per il periodo di imposta 2019.
In effetti, nell'affermare l'applicabilità dell'istituto della remissione in bonis, nella Circolare l'Agenzia utilizzava una formulazione che non brilla per chiarezza, laddove (pp. 8, 9) sottolineava che l'opzione per il regime di autoliquidazione "va comunicata entro il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione o nel maggior termine di 90 giorni, in caso di dichiarazione tardiva", e poi proseguiva, affermando che la medesima (opzione) "può essere esercitata anche tardivamente", purché vengano rispettate le condizioni previste per la remissione in bonis.
Ed è proprio l'avverbio "tardivamente" ad ingenerare dei dubbi, poiché, come noto, la disciplina della remissione in bonis consente di regolarizzare la violazione formale, a condizione che quest'ultima non sia stata ancora constatata e che il contribuente, in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalla norma di agevolazione, rimedi all'adempimento omesso entro la presentazione della prima dichiarazione utile (quindi ben oltre i 90 giorni della dichiarazione tardiva).
Una possibile interpretazione, che parrebbe confermata dalla recente risposta della DRE, sarebbe quella per cui l'avverbio "tardivamente", per quanto sembri ad una prima lettura rimandare alla "dichiarazione tardiva", indichi un momento successivo ai 90 giorni, mentre i requisiti sostanziali dovrebbero essere posseduti, al più tardi, entro i 90 giorni dal termine ordinario, ovvero in sostanza al momento della dichiarazione originaria.
Se così fosse, però, la remissione in bonis potrebbe sanare soltanto l'ipotesi marginale di "svista" nella compilazione della dichiarazione inviata senza l'opzione per il regime degli oneri documentali, ma con l'indicazione della relativa variazione in diminuzione, a sua volta fondata sulla documentazione predisposta e firmata con marca temporale già sussistente ab origine (tra i "requisiti sostanziali" da possedere sin dall'origine dunque).
Ma soprattutto né la Circolare dell'anno scorso né quest'ultima risposta della DRE chiariscono come andrebbe allora interpretato il comma 5 dell'art. 4 del c.d. "Decreto Crescita", ove molto più estensivamente si prevede la facoltà di beneficiare dell'agevolazione applicando il nuovo regime di autoliquidazione mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa ai sensi dell'art. 2, comma 8, del DPR n. 322/1998, nella quale deve essere fornita l'indicazione del possesso della "documentazione idonea"; tutto ciò soltanto alla condizione che la stessa dichiarazione sia presentata prima della formale conoscenza dell'inizio di qualunque attività di controllo mirato alla fruizione del beneficio Patent Box.
Cionondimeno dalla recente risposta dell'Agenzia sembra intendersi che l'opzione per l'autoliquidazione rappresenti una "dichiarazione di volontà", che, in quanto tale, non potrebbe essere oggetto di integrazione e quindi dovrebbe essere esercitata (almeno con un "comportamento concludente") entro il termine ordinario per l'invio della dichiarazione, o al più, nei 90 giorni successivi.
Ma il dettato normativo e la relativa ratio, ivi incluso lo stesso Provvedimento di attuazione dell'Agenzia delle entrate del 30 luglio 2019, depongono nel senso di una maggior flessibilità, forse anche alla luce del fatto che la quantificazione del beneficio, trattandosi di un'attività di natura precipuamente valutativa, potrebbe ricondursi nell'alveo della dichiarazione di scienza, risultando così sempre emendabile. Allo stato, dunque, alle imprese che volessero avere una risposta definitiva riguardo alla corretta interpretazione del citato art. 4, comma 5 non resta che il rimedio dell'interpello.
*a cura dell'avv. Edoardo Belli Contarini (partner dello Studio legale tributario Fantozzi & Associati) e dal dott. Raffaello Fossati (commercialista dello Studio legale tributario Fantozzi & Associati)