Famiglia

Niente assegno di mantenimento dall'ex coniuge se si ha una nuova relazione stabile

Come la legge Cirinna ha ridisegnato il concetto di famiglia e i diritti/doveri connessi alla separazione e al divorzio

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di Matteo Santini

L'Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione del 15 settembre 2020, n. R.G. 34232/2020, n. cron. 22604/2020, sesta Sezione Civile, ha confermato l'orientamento giurisprudenziale introdotto nell'anno 2016 con la Legge Cirinnà, con cui è stato ufficializzato il nuovo concetto di famiglia non più fondato in modo esclusivo sulla disposizione di cui all'articolo 29 Costituzione, ovvero sul matrimonio; accanto al negozio solenne mediante il quale un uomo e una donna assumono l'impegno di stabile convivenza e di reciproco aiuto come marito e moglie, è oggi possibile distinguere altre due forme familiari fondate sulla comunione di vita materiale e spirituale: le cosiddette "coppie di fatto" tra soggetti dello stesso sesso e tra soggetti eterosessuali che, seppur non sposati, hanno costituito una stabile e solida convivenza.
In conseguenza della riforma operata, i conviventi, ossia le "coppie di fatto", godono ora di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate.
Fonte normativa primaria è rappresentata altresì dall'articolo 2 della Costituzione che impegna la Repubblica a garantire i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.

Il concetto di nuova famiglia
L'Ordinanza in esame, da un lato conferma l'assest giurisprudenziale riformato dalla novella legislativa del diritto di famiglia n. 76 del 2016, dall'altro censura le disposizioni del precedente grado di giudizio dinnanzi alla corte d'appello che seppur ha correttamente valutato e richiamato la Giurisprudenza in tema di famiglia di fatto, dando "atto che era stato provato il rapporto sentimentale pluriennale e consolidato", dall'altro "ha ritenuto che quella relazione non potesse "per ciò solo dirsi connotata da quei caratteri di continuità e stabilità che probabilmente rappresenterebbero il primo stadio necessario, ma – come detto – nemmeno sufficiente, per ipotizzare la creazione tra gli stessi di quella nuova famiglia di fatto secondo il valore ed il significato attribuiti al concetto della migliore giurisprudenza sopra detta".
La costituzione di una stabile e solida relazione affettiva ha portato la Giurisprudenza di legittimità a riconoscere il venir meno dell'obbligo dell'ex coniuge di corrispondere l'assegno di mantenimento, nonché l'assegno divorzile, qualora l'altro coniuge abbia costituito una nuova relazione affettiva tanto da determinare un nuovo nucleo familiare.
La riforma è significativa, in quanto, a differenza di quanto accade per l'assegno di mantenimento per i figli, che è sempre dovuto fin quando gli stessi non diventino autonomi economicamente, l'assegno per l'ex coniuge può venir meno, ed essere riformato, in considerazione di parametri che devono essere adattati al caso concreto. In primis le mutate condizioni economiche delle parti, rispetto al momento in cui è stato stabilito il relativo onere, nonché le mutate circostanze dovute anche alla costituzione da parte dell'avente diritto di un nuovo nucleo familiare, che viene a costituirsi anche qualora il richiedente non contragga matrimonio, ma conviva o comunque realizzi una stabile relazione affettiva con un altro soggetto.

Le "condizioni" per aver diritto all''assegno
La Corte ha chiarito che in tema di assegno di mantenimento/assegno divorzile per l'ex coniuge economicamente più debole si deve tener conto delle rispettive capacità economiche, oltre che di ulteriori fattori che devono essere necessariamente pesati dal giudicante, tra cui l'età dell'avente diritto, il contributo apportato al patrimonio familiare, le capacità lavorative, fermo restando che non sono in alcun modo ammesse rendite parassitarie.
Ciò determina dunque che gli emolumenti che il giudicante deve tenere in considerazione devono includere anche i cosiddetti vantaggi economici che il richiedente il mantenimento/assegno divorzile può trarre anche dalla stabile convivenza con il successivo partner.
Tale principio, ripreso nella Ordinanza in esame, riforma le disposizioni dei Giudici dell'appello, i quali, come detto, pur avendo riconosciuto la stabilità dell'unione, non hanno ritenuto di dover rimodulare le disposizioni economiche sul dato dell'unione di fatto esistente tra le parti, nonché sulla stabilità della relazione, in opposizione ai principi che dettano l'orientamento che le Corti devono seguire nel dirimere le controversie concrete tra coniugi.

Le nuove nozze
Com'è noto infatti, la legge sul divorzio prevede che il diritto all'assegno venga meno se l'ex coniuge beneficiario contragga nuove nozze (articolo 5, comma 100, L. div.) ma nulla prevede, invece, per l'ipotesi in cui l'ex coniuge "debole", in luogo del matrimonio, instauri una convivenza more uxorio, sicchè si è posto il problema di stabilire se, ed in che modo, una tale convivenza instaurata dal coniuge beneficiario incida sul diritto all'assegno di divorzio.
Superando i precedenti assetti dell'elaborazione giurisprudenziale in riferimento all'assegno divorzile la Suprema Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo cui: «l'instaurazione da parte del coniuge separato o divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, che ha dunque rescisso ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno a carico dell'altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso».

La famiglia di fatto
Infatti, la formazione di una famiglia di fatto - costituzionalmente tutelata ai sensi dell'articolo 2 Costituzione, come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell'individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l'assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo (Sez. 1, Sentenza n. 6855 del 2015; successivamente confermato da Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 2466 del 2016).
In sostanza, aderendo ai voti di una larga dottrina, la Corte di legittimità ha ritenuto che la causa estintiva prevista dalla legge (articolo 5, comma 100, L. div.) andasse "letta" estensivamente ricomprendendo in essa non solo il caso delle nuove nozze (con la conseguente formazione di una famiglia fondata sul matrimonio) ma anche quello della formazione di una famiglia di fatto, per quanto nata da una relazione non formalizzata, ma pur sempre tutelata sul piano costituzionale (art. 2 Cost.).

Il rilievo della scelta esistenziale libera
La parte più caratterizzante del nuovo orientamento è costituita dall'affermazione del principio dell'autoresponsabilità ossia dal rilievo della scelta esistenziale, libera e consapevole, che comporta l'esclusione di ogni residua solidarietà postmatrimoniale con l'altro coniuge, il quale non può che confidare nell'esonero definitivo da ogni obbligo.
Facendo seguito a tale nuova ermeneusi, la stessa Corte si è posta il problema della sopravvivenza dell'assegno di mantenimento, fissato a carico del più forte (sul piano reddituale - patrimoniale) dei coniugi, non solo in caso di divorzio ma a seguito della separazione coniugale, quando non vi sia stata ancora la completa recisione del legame coniugale, potendo questo astrattamente, anche se sempre più raramente, secondo l'id quod prelumque accidit - risorgere in base alla scelta ripristinatoria dei separati.
Ebbene, anche in un tal caso la Corte ha risposto positivamente all'istanza di esclusione dell'obbligo attraverso l'enunciazione del principio secondo cui
in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione o l'interruzione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento che grava sull'altro, dovendosi presumere che le disponibilità economiche di ciascuno dei conviventi more uxorio siano messe in comune nell'interesse del nuovo nucleo familiare; resta salva, peraltro, la facoltà del coniuge richiedente l'assegno di provare che la convivenza di fatto non influisce in melius sulle proprie condizioni economiche e che i propri redditi rimangono inadeguati (Sez. 1 -, Sentenza n. 16982 del 2018).
Reputa la Corte di dover ribadire la recente conclusione interpretativa, ossia quella che, anche in tema di separazione personale dei coniugi, la convivenza stabile e continuativa, intrapresa con altra persona, è suscettibile di comportare la cessazione dell'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento che grava sull'altro.
Alla riaffermazione di tale principio, tuttavia, vanno poste le seguenti ulteriori precisazioni: il fondamento della cessazione dell'obbligo di contribuzione deve essere individuato, per quel che riguarda il divorzio ma anche la separazione personale, nel principio di autoresponsabilità, ossia nel compimento di una scelta consapevole e chiara, orgogliosamente manifestata con il compimento di fatti inequivoci, per aver dato luogo ad una unione personale stabile e continuativa, che si è sovrapposta con effetti di ordine diverso, al matrimonio, sciolto o meno che sia.
Ovviamente, in caso di instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorchè di fatto, si è rescissa ogni connessione "con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale", poichè la nuova comunità familiare (per quanto non basata sul vincolo coniugale) ha fatto venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell'assegno divorzile a carico dell'altro coniuge, sicchè il relativo diritto ne resta definitivamente escluso.
Ma anche in caso di separazione legale dei coniugi, e di formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto ad opera del coniuge beneficiario dell'assegno di mantenimento, indipendentemente dalla "risoluzione del rapporto coniugale" (per quanto - come si è già detto - il suo esito si renda assai probabile) si opera una rottura tra il preesistente "tenore e modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale" ed il nuovo assetto fattuale avente rilievo costituzionale, in quanto espressamente cercato e voluto dal coniuge beneficiario della solidarietà (in questo caso, ancora) coniugale.
La ricerca, la scelta e il concreto perseguimento di un diverso assetto di vita familiare, da parte del coniuge, peraltro riconosciuto dalla Corte d'appello territoriale nel procedimento esaminato n. R.G. 34232/2020, che pur abbia conseguito il riconoscimento del diritto all'assegno di mantenimento, fa scaturire un riflesso incisivo dello stesso diritto alla contribuzione periodica, facendola venir meno.
Rilevanti e non di poco conto sono dunque le novità introdotte con la novella legislativa della Legge n. 76/2016 cosiddetta Legge Cirinnà che ad oggi, ha riformato non solo il concetto di famiglia, inteso in senso classico, ma conseguentemente anche i diritti/doveri connessi alla separazione e al divorzio.

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Sezione 6