Civile

Niente tasse sul contratto tra coniugi separati anche se vi partecipa un terzo

immagine non disponibile

di Angelo Busani ed Elisabetta Smaniotto


Beneficia dell'esenzione da ogni tributo (articolo 19, legge 74/1987) anche il contratto, stipulato in adempimento dell'accordo raggiunto dai coniugi in sede di separazione coniugale, al quale partecipi, come parte contraente, un soggetto diverso dai coniugi stessi: è quanto deciso dalla Ctr Lazio con sentenza n. 2179/2017, in esito a un giudizio nel quale l'ex marito, adempiendo a un obbligo assunto in tal senso in sede di separazione, aveva comprato un immobile rendendone acquirenti (con la formula del contratto a favore di terzi ) l'ex moglie, per il diritto di usufrutto, e i due figli minorenni per il diritto di nuda proprietà.
Il contratto era stato registrato in esenzione da imposte, in applicazione dell'articolo 19, legge 6 marzo 1987, n. 74, secondo cui tutti «gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio», «sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa». L'amministrazione finanziaria aveva contestato l'applicazione di questa agevolazione con il motivo della sua ritenuta inapplicabilità ai negozi, sia pur stipulati in adempimento di accordi assunti in sede di separazione coniugale, ai quali partecipino soggetti estranei al nucleo familiare.
Il giudice di primo grado ha accolto i rilievi dell'amministrazione mentre il giudice di secondo grado ha ritenuto l'agevolazione applicabile, in quanto la norma di cui all'articolo 19, legge 74/1987 deve essere intesa in senso ampio, vale a dire che il trattamento agevolato, nell'intento del legislatore, deve ritenersi ammissibile nella misura in cui l'atto da compiersi sia funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale, essendo quindi irrilevante che l'atto abbia come contraenti i soli coniugi o che ad esso intervengano anche soggetti terzi. Ciò che rileva per applicare il trattamento fiscale di favore, infatti, è che venga data esecuzione agli accordi assunti nel verbale di separazione consensuale omologato, come nel caso di specie, dove l'ex marito (e padre dei minori) si era assunto l'obbligo di acquistare, a propria cura e spese, un appartamento adatto alle necessità dell'ex coniuge e dei figli minori.
La sentenza della Ctr Lazio si inserisce nel filone, di recente inaugurato nella giurisprudenza di legittimità (e cioè nelle famose sentenze “gemelle” del febbraio 2016: 2111/2016 e 3110/2016), secondo il quale l'accordo tra ex coniugi riguardante la separazione o il divorzio deve essere inteso come un contratto, frutto di una «negoziazione globale» concernente sia gli aspetti personali del rapporto intercorso tra gli ex coniugi che le sue conseguenze patrimoniali) cui la coppia in crisi darebbe corso al fine «della “liquidazione” del rapporto coniugale».
In altre parole, dall'introduzione nel nostro ordinamento della disciplina della “negoziazione assistita” (Dl 132/2014) e di quella del “divorzio breve” (legge 55/2015), è possibile desumere che l'attuale quadro normativo è caratterizzato da forti toni di «degiurisdizionalizzazione» con la conseguenza che gli accordi tra ex coniugi sempre meno appaiono qualificabili (in tal senso decideva la giurisprudenza tradizionale) come una fattispecie non contrattuale contraddistinta da un contenuto “propriamente detto” e un contenuto meramente “eventuale”.
Allora, se in passato la giurisprudenza era orientata a ritenere solo gli accordi del primo tipo fiscalmente agevolabili con la norma di cui all'articolo 19, legge 74/1987, il mutato orientamento della giurisprudenza sospinge all'applicazione dell'esenzione per qualsiasi tipo di pattuizione che trovi causa nell'obiettivo di realizzare una sistemazione patrimoniale conseguente a una separazione coniugale o a un divorzio.

Commissione tributaria regionale del Lazio, sentenza 12 aprile 2017, n. 2179/15/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©