Società

No anticipato al concordato in bianco se mancano i documenti

L’inammissibilità può essere dichiarata all’esito del procedimento camerale

di Giuseppe Acciaro e Alessandro Turchi

In tema di concordato preventivo in bianco, l'inammissibilità della domanda può essere pronunciata dal tribunale all'esito del procedimento di avvio non solo nella ricorrenza dei casi espressamente previsti dal legislatore, ma anche qualora al ricorso non siano allegati i documenti previsti dalla legge e la domanda costituisca atto qualificabile come abuso del diritto all'azione.
L'imprenditore ha diritto alla concessione del termine per il deposito del piano quando nei suoi confronti pende un procedimento per la dichiarazione di fallimento ma a patto che il suo ricorso non sia qualificabile in termini di abuso del diritto ed egli abbia depositato i documenti specificamente indicati dal legislatore.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 33594 dell'11 novembre 2021.

Il caso

Un imprenditore individuale presenta domanda di concordato preventivo in bianco, dichiarata inammissibile dal tribunale, che, vista l'istanza avanzata dal pubblico ministero, sentenzia il fallimento dell'imprenditore. L'imprenditore ricorre in Corte d'Appello che però respinge il reclamo riaffermando la «mancata esibizione dei bilanci o comunque delle scritture contabili indicate nell'articolo 2214 del Codice civile.». L'imprenditore propone quindi ricorso per Cassazione.

Abuso del diritto

I giudici di legittimità ricordano primariamente il principio generale per cui l'inammissibilità della domanda di preconcordato ben può essere pronunciata dal tribunale all'esito del procedimento camerale previsto dall'articolo 162, secondo comma, della legge fallimentare, non solo nella ricorrenza dei casi previsti dal nono comma del precedente articolo 161 ma anche qualora:

a) al ricorso non siano allegati i documenti previsti dall'articolo 161, sesto comma;

b) la domanda costituisca atto qualificabile come abuso del diritto all'azione.

Invero, quest'ultimo punto la Cassazione con altra sentenza 7117/2020) aveva precisato che nella decisione di ammissibilità, il tribunale non ha il potere di compiere una valutazione discrezionale. Il diritto al termine processuale trova però un limite nell'abuso del processo.

Quest'ultimo, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 30539/2018) ricorre quando «con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e del giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità deviate od eccedenti rispetto a quelle per le quali l'ordinamento le ha predisposte».

Una situazione che può verificarsi, ad esempio, nel caso in cui il debitore, nonostante la possibilità concessagli di integrare la proposta concordataria iniziale, abbia depositato una seconda domanda dopo la deliberazione della sentenza dichiarativa di fallimento, ma prima della sua pubblicazione (Cassazione 30539/2018). Oppure nell'ipotesi di riproposizione poco dopo la risoluzione del concordato omologato ma rimasto inadempiuto, di un'ulteriore domanda, priva di ogni elemento di novità (Cassazione 25210/2018).

Nel caso in esame, dalla sentenza impugnata si evince che il tribunale aveva dichiarato inammissibile il ricorso per l'ammissione al preconcordato in quanto vennero allegate le situazioni contabili degli ultimi tre esercizi, contenenti un «mero prospetto di costi e ricavi»; nel termine assegnato dal tribunale per le integrazioni, il debitore si limitò a depositare documentazione di contenuto identico ma con differente intestazione.

La documentazione da allegare

Circa la decisione la Corte di Cassazione, contrariamente al giudice dell'appello, ritiene parzialmente fondato uno dei motivi di impugnazione contro la decisione della corte d'appello, poiché essendo una ditta individuale, questa aveva optato per il regime fiscale di contabilità semplificata non era quindi obbligata né al deposito del bilancio di esercizio né alla tenuta del libro degli inventari previsto dall'articolo 2217 del Codice civile.

Al riguardo essa ha pero evidenziato come il ricorso il linea generale deve essere depositato unitamente, tra gli altri, ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi. Ebbene, nel caso sotto esame, l'imprenditore aveva allegato al ricorso per l'ammissione al preconcordato le situazioni contabili degli ultimi tre esercizi.I giudici di legittimità precisano però che, nel caso di ricorso presentato dall'imprenditore persona fisica, è necessario che il ricorrente depositi documenti che abbiano struttura e caratteristiche assimilabili a quelle dei bilanci delle società di capitali, con particolare riferimento all'osservanza dei principi generali dettati dagli articoli 2423 e 2423-bis del Codice civile.

Sulla base di queste considerazioni la Corte cassa la sentenza impugnata in quanto aveva motivato la decisione in punto di inammissibilità del ricorso unicamente con il mancato deposito delle scritture contabili senza, tuttavia, specificare i motivi per i quali i documenti depositati dall'imprenditore non potessero essere considerati adeguati nel senso sopra precisato dai giudici di legittimità.

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