Civile

No alla revocazione per gli errori giuridici e di giudizio

Le Sezioni unite della Cassazione, ordinanza n. 29569 depositata oggi, ricordano quando ricorre l’errore di fatto revocatorio

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione a Sezioni unite, ordinanza n. 29569 depositata oggi, ribadisce e consolida il principio in base al quale il combinato disposto dell’art. 391-bis e dell’art. 395, n. 4, c.p.c. non prevede come causa di revocazione della sentenza di cassazione l’errore di diritto, sostanziale o processuale, e l’errore di giudizio o di valutazione.

Il caso era quello due Srl che chiedevano la revocazione di una decisione, sempre delle Sezioni unite, che, nell’ambito di una controversia con diverse Asl e con la regione Abruzzo, aveva stabilito la giurisdizione del giudice amministrativo in luogo di quello ordinario. Secondo le ricorrenti, per un verso, il giudizio si sarebbe basato su un fatto non vero; per l’altro, sarebbe stato lesivo di altra decisione passata in giudicato.

L’errore di fatto revocatorio – “come è noto e per quanto risulta dalla inequivocabile descrizione emergente dal n. 4) dell’art. 395 c.p.c.” –, ricapitola la Corte, ricorre “quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita”.

L’errore, cioè, deve sostanziarsi in un’oggettiva svista di percezione da parte del giudice di legittimità della ricostruzione fattuale per come operata dalla pronuncia impugnata o rappresentata dai documenti esaminabili (quando la Corte di cassazione è eccezionalmente giudice del fatto).

Da tanto, continua la decisione, consegue che tale non può certamente considerarsi un apprezzamento o una conseguenza giuridica derivante dall’inquadramento del petitum sostanziale della domanda esercitata nel giudizio di merito (in pendenza del quale è stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione), non potendo il giudice di legittimità essere chiamato a decidere nuovamente la causa in una sorta di anomalo nuovo giudizio, a seguito di una impropria opposizione.

Più in generale, per i giudici, con riguardo al sistema delle impugnazioni, è “opportuno” ribadire che la Costituzione non impone al legislatore ordinario altri vincoli oltre a quelli, previsti dall’art. 111 Cost., della ricorribilità in cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali. Ragion per cui non può considerarsi irragionevole la scelta del legislatore di riconoscere ai motivi di revocazione una propria specifica funzione, escludendo gli errori giuridici e quelli di giudizio o valutazione, proponibili solo contro le decisioni di merito nei limiti dell’appello e del ricorso per cassazione.

Del resto, continua la decisione, quanto all’effettività della tutela giurisdizionale, la giurisprudenza europea e quella costituzionale riconoscono la necessità che le decisioni, una volta divenute definitive, non possano essere messe in discussione, onde assicurare la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché l’ordinata amministrazione della giustizia.

Anche la seconda doglianza, proposta con riferimento all’art. 395, n. 5, c.p.c., è inammissibile, conclude la decisione, trattandosi di motivo di revocazione formulato contro un’ordinanza decisoria pronunciata dalla Corte di cassazione non contemplato dalla disciplina positiva. Infatti, l’omesso esame di sentenze, allegate nel giudizio di merito e invocate quale giudicato esterno tra le parti su un punto decisivo della controversia, non è deducibile ai sensi dell’art. 395, n. 5), c.p.c., poiché l’art. 391-bis c.p.c. consente la revocazione delle sentenze della Cassazione per errore materiale o di calcolo o per errore di fatto.

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