Non c’è donazione se si usa la rinuncia del diritto di opzione
La rinuncia al diritto di opzione derivante da una deliberazione di aumento del capitale sociale non costituisce una donazione indiretta nel caso in cui il figlio del socio rinunciante, approfittando della rinuncia del genitore, sottoscriva l’aumento di capitale sociale a condizioni economicamente favorevoli. Lo ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 15666/2019 (priva di precedenti in termini) nella quale è stato sancito che:
è da qualificarsi come donazione nulla l’attribuzione di denaro fatta dal donante mediante un bonifico bancario diretto a un conto corrente intestato al coniuge e al figlio del donante;
l’oggetto di una donazione nulla si intende mai fuoriuscito dalla sfera giuridica del donante, con la conseguenza che, se il donante decede, nella sua eredità deve essere compreso anche l’oggetto della donazione nulla.
Tornando al tema della rinuncia al diritto di opzione rinveniente da un aumento di capitale sociale, si pensi al caso di una società immobiliare con capitale sociale di 100 (appartenente in parti uguali a 4 soci: Tizio, il figlio Caio, Sempronio e Mevio) il cui patrimonio sia costituito da un solo immobile di valore 1.000.
Se, dunque, questa società delibera un aumento di capitale sociale da 100 a 200 e Tizio, Sempronio e Mevio rinunciano al diritto di opzione, in modo che sia il solo Caio (figlio del socio Tizio) a sottoscrivere l’aumento di capitale, si ottiene il risultato che Caio, all’esito dell’operazione di aumento del capitale sociale, ha una quota di capitale del 62,5% (prima aveva una quota del 25%). In sostanza, spendendo 100 (e cioè il valore dell’aumento di capitale) viene ad avere il 62,5% di 1.000 (corrispondente al valore reale di 625) in luogo del precedente 25% (corrispondente al valore reale di 250).
Per la Cassazione, se questa operazione viene guardata dal fisco oppure dagli eredi legittimari di Tizio, non si configura una donazione indiretta. In effetti, la rinuncia a un diritto, se effettuata per avvantaggiare un terzo, può essere qualificata come donazione indiretta. Ad esempio, in Cassazione 507/1967 è stato deciso che costituisce donazione indiretta la rinuncia a un diritto di usufrutto; e in Cassazione 9872/2000 è stato deciso che costituisce donazione indiretta la rinuncia all’indennità che gli spetta (ai sensi dell’articolo 936 del Codice civile) da parte di colui che incrementa il suolo altrui edificandovi un manufatto (oppure se costui lascia prescrivere il diritto di percepirla).
Tuttavia, affinché una rinuncia a un diritto possa essere qualificata come donazione indiretta occorre, secondo la decisione 15666/2019, «un nesso di causalità diretta» «fra donazione e arricchimento» del donatario. Se il mancato esercizio del diritto di opzione ha bensì avuto quale effetto che le quote non sottoscritte dal de cuius sono state offerte in sottoscrizione agli altri soci e il figlio del socio rinunciante ne ha approfittato, conseguendo per sé un risultato economicamente vantaggioso, questa situazione non è qualificabile come donazione indiretta per due concatenate ragioni:
della rinuncia all’esercizio dell'opzione avrebbero potuto approfittare anche gli altri soci (e non rileva che non l’abbiano fatto);
l’arricchimento del figlio non è dipeso della rinuncia del genitore, ma dalla decisione del figlio stesso di sottoscrivere l’aumento di capitale rinunciato dal padre e non optato dagli altri soci.