Non estingue il reato l’assegno offerto in udienza alla parte civile che lo rifiuta
In caso di rifiuto della parte civile di accettare la somma messagli a disposizione - a titolo di risarcimento - dall’imputato, quest’ultimo può comunque conseguire, dalla propria condotta riparatoria, l’effetto estintivo del reato che gli viene imputato. Ma questo solo se - stante il rifiuto della parte civile - provveda a depositare la medesima somma a titolo di “offerta reale” e questa sia riconosciuta congrua dal giudice che dichiara estinto il reato. L’offerta sarà però considerata “reale” alla luce delle regole civilistiche, ossia in base al dettato degli articoli 1208 e seguenti del Codice civile.
Per la difesa l’esibizione in udienza dell’assegno circolare aveva, in realtà, costituito la prescritta offerta reale, nella forma della dazione diretta, pur essendo mancata la consegna nelle mani della parte civile. Per la Cassazione è invece mancato il deposito della somma nelle forme prescritte, a fronte del rifiuto opposto.
Per tale motivo la Corte di cassazione - con la sentenza n. 13546/2024 - ha ritenuto illegittima la dichiarazione del giudice di appello di estinzione del reato, a seguito dell’”asserita” condotta riparatoria, costituita dal risarcimento offerto dall’imputato tramite assegno circolare esibito in udienza e ha accolto il ricorso della procura.
La decisione annullata aveva infatti valorizzato il manifestato intento riparatorio del reo, senza però verificare non solo la congruità della somma proposta alla parte offesa, ma anche la violazione dell’articolo 162 ter del Codice penale che governa, tra le varie cause di estinzione del reato, quella delle condotte riparatorie. In effetti, la norma afferma che in caso il risarcimento proposto venga rifiutato questo può comunque essere valutato dal giudice, ai fini del suo effetto estintivo della responsabilità penale, ma solo se di esso viene fatta “offerta reale”, tramite deposito.
Non è quindi valutabile quale offerta reale l’assegno eventualmente offerto dall’imputato in udienza e rifiutato dalla parte civile. A meno che l’imputato non abbia provveduto a depositare una somma equivalente o integrata secondo la valutazione del giudice presso la Cassa depositi e prestiti o la banca.
Al contrario, per la difesa l’assegno esibito “banco iudicis” a favore della parte civile costituirebbe l’offerta reale richiesta dall’articolo 162-ter del Codice penale. Inoltre, sempre secondo la difesa, l’offerta stessa dimostrava il pieno intento riparatorio che il giudice di primo grado avrebbe potuto valutare ai fini estintivi del reato pur se riteneva la cifra insufficiente e da integrare.