Giustizia

Nordio: avvocato in Costituzione; ai giudici serve umiltà

Intervenendo all’anno giudiziario forense il Ministro della Giustizia ha annunciato il completamento degli organici della magistratura entro il 2026. E sulla intelligenza artificiale: dipende da come la si usa

“Vorrei auspicare che se un domani dovessimo arrivare a una riforma costituzionale, nell’ambito della Costituzione fosse inserito il ruolo fondamentale degli avvocati”. Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, parlando a braccio, in conclusione del suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario del Consiglio nazionale forense. “L’avvocato – ha affermato Nordio - indossa una toga, esattamente come il giudice, e in questo senso rappresenta quasi una funzione sacerdotale”. “Come giustamente ha detto il presidente del Cnf Greco la giustizia non è un servizio – ha proseguito -, è la forma più nobile, o una delle più nobili, dell’esercizio dello spirito umano. Ma è anche vero che la giustizia se non è assistita da un servizio è una giustizia impotente e sterile”.

Il Ministro ha poi ricordato il peso dell’inefficienza: “La nostra giustizia così lenta costa al nostro Stato 2 punti di Pil”. “Nessuno si è mai chiesto in Italia – ha proseguito - se vi sia una proporzione tra il target che ci proponiamo e il budget che abbiamo a disposizione. Nessuno ha mai chiesto quanti fossero i magistrati necessari per arrivare a un tempo ragionevole per una sentenza. E quanti fossero gli amministrativi che dovevano assisterli. Noi lo stiamo facendo. Noi per la prima volta, vorrei dire in questi cinquant’anni, colmeremo in un tempo ragionevole, cioè entro il 2026, quel vuoto di organico di magistrati che ci portiamo appresso da decenni”. “Attualmente - ha aggiunto – ci sono tre concorsi e abbiamo appena firmato un decreto per un altro concorso di 400 posti”. Mentre ha assicurato, anche in risposto al Presidente Greco, “non ci saranno, potete star certi reclutamenti straordinari, come si è sentito dire dai giornali, suscitando allarmismi ingiustificati”.

Nordio ha poi ricordato che per la prima volta un membro dell’avvocatura è stato inserito nell’ufficio legislativo di Via Arenula: “Un fatto epocale”. “Per anni si è detto che il ministero era una sorta di fortezza di una casta privilegiata di magistrati. Posso dirvi che se il nostro ufficio legislativo è stato fino ad ora carente di avvocati, dipende anche da una ragione economica, perché purtroppo le retribuzioni sono scarse e mentre il magistrato si trascina il proprio stipendio, che è più che decoroso, un bravo avvocato deve rinunciare a degli emolumenti e deve addirittura deve timbrare il cartellino”.

Venendo al tema dell’intelligenza artificiale, per il Guardasigilli “Ci troviamo di fronte ad una rivoluzione epocale, pari alla invenzione della ruota o all’invenzione della stampa di cui non conosciamo le conseguenze”. “Quando Gutenberg inventò i caratteri mobili della stampa – ha proseguito - non avrebbe mai immaginato che ne sarebbe derivata la rivoluzione di Lutero e la più grande riforma religiosa del cristianesimo”. “E allora di questa intelligenza bisogna farle un buon uso. Non bisogna appiattirsi su quelle che sono le formule, le bozze che sono elaborate dagli algoritmi”. “Però - ha aggiunto - può essere uno strumento utile e un giorno sarà addirittura indispensabile, come sono tutt i risultati della nostra evoluzione tecnologica. Ripeto, dipende dall’uso che se ne fa. Se un giudice sa fare il suo lavoro, si servirà dell’intelligenza artificiale, esattamente come ci si è serviti dalla macchina da scrivere quando è stato eliminato l’ufficiale di scrittura”.

Nordio è poi intervenuto sul tema dell’umiltà richiamato poco prima dalla Presidente della Corte di cassazione, Margherita Cassano, dalle cui parola si è detto “molto colpito”. “Io credo che nella giurisdizione, ma soprattutto da parte di magistrati che hanno il potere di decidere l’umiltà sia fondamentale, insieme al buon senso. Ma l’umiltà non si studia all’università, si apprende attraverso la cultura generale, si apprende attraverso quella che si chiama la dotta ignoranza, la consapevolezza di non sapere. E di questo auspico che soprattutto le giovani generazioni di magistrati facciano, diciamo, buon uso”.

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