Giustizia

Notifiche, in Cassazione revocazione a maglie strette

La Suprema corte, ordinanza n. 9654 depositata oggi, afferma che l’errore percettivo deve essere decisivo, evidente e obiettivo

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di Francesco Machina Grifeo

La Sezione tributaria della Suprema corte, ordinanza n. 9654 depositata oggi, definisce quando è possibile chiedere la revocazione della sentenza della Cassazione, ammonendo che i profili del “fatto decisivo” vanno giudicati con “particolare rigore”, per evitare l’instaurazione di “una sorta di ulteriore grado di giudizio”.

Laddove la questione attenga a profili di nullità della notifica del ricorso, spiega la Corte con un principio di diritto, “ai fini della revocazione per errore di fatto, l’errore dovrà essere decisivo, evidente ed obiettivo, tale da non richiedere, per essere considerato, lo sviluppo di indagini ermeneutiche e dovrà, pertanto, emergere oggettivamente, immediatamente ed incontestabilmente dagli atti interni del giudizio di cassazione, quelli cioè che la Corte esamina direttamente con una propria ed autonoma indagine di fatto, nell’ambito delle questioni rilevabili d’ufficio”.

Il caso era quello di un ricorso giudicato inammissibile dalla Cassazione perché la notifica risultava non perfezionatasi per irreperibilità del destinatario a seguito del trasferimento della società contribuente. Secondo il ricorrente, invece, la notifica doveva ritenersi perfezionata dal momento che il plico e il relativo avviso di ricevimento erano stati notificati presso lo studio del difensore domiciliatario della società contribuente. Mentre la circostanza che l’addetto alla ricezione dello studio aveva dichiarato che la S.p.A. si era trasferita non assumeva alcun rilievo, trattandosi di notifica eseguita presso il difensore domiciliatario, con la conseguenza che tale dichiarazione doveva equipararsi a un mero rifiuto di ricevere l’atto, con conseguente ritualità della notificazione.

Per prima cosa la decisione ricorda che il discrimine tra l’errore revocatorio e l’errore di diritto “risiede nel carattere meramente percettivo del primo e nell’assenza di quell’attività di valutazione che rappresenta, per contro, l’indefettibile tratto distintivo del secondo”. L’errore revocatorio dunque “non può riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche ma deve consistere in un errore di percezione e deve avere rilevanza decisiva, oltre a rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della rilevabilità sulla scorta del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti o documenti del giudizio, senza che si debba, perciò, ricorrere all’utilizzazione di argomentazioni induttive o a particolari indagini che impongano una ricostruzione interpretativa degli atti medesimi”.

Nel caso specifico, afferma la Corte, il motivo alla base della richiesta di revocazione “non denuncia, in realtà, l’esistenza di un’erronea supposizione che sarebbe stata compiuta dalla Corte e che si sarebbe manifestata nella motivazione, ma la mera circostanza della mancata verifica della ritualità della notifica in quanto la dichiarazione dell’addetto alla ricezione dello studio che la società X S.p.A. si era trasferita non avrebbe assunto alcun rilievo, trattandosi di notifica eseguita presso il difensore domiciliatario”.

“Ma, così facendo – prosegue la Corte -, la parte ribadisce il fatto processuale della ritualità della notifica al soggetto legittimato, senza denunciare una specifica supposizione che sia stata espressione di un errore di percezione degli atti processuali”.

Del resto, conclude l’ordinanza, “nella sentenza in esame, non vi è alcun riferimento al fatto in questione e non è dato, dunque, ricostruire, al riguardo, l’iter logico della pronuncia, trattandosi all’evidenza, di vizio di motivazione, improponibile con il procedimento di revocazione”.

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