Nove milioni di cartelle in sei mesi: ecco regione per regione dove arriveranno
Con lo stop alla moratoria dal 16 ottobre gli invii dei ruoli ripartiranno da quelli datati marzo 2020<br/>
Per la ripresa della riscossione coattiva si riparte lì da dove i contribuenti italiani morosi erano rimasti prima dell’esplosione del Covid-19: dalle notifiche degli atti lavorati e datati marzo 2020. Un ritorno scaglionato all’attività ordinaria, spalmata sui prossimi 6 mesi, per consentire all’agente pubblico della riscossione di notificare quei 9 milioni di cartelle esattoriali che da venerdì 16 ottobre sarà obbligato a recapitare nelle case di cittadini e imprese in debito con l’Erario, con gli enti di previdenza e con gli enti locali. Nel decreto Agosto, licenziato definitivamente ieri dalla Camera con il voto di fiducia (294 favorevoli, 217 contrari e 2 astenuti) e oggi atteso in «Gazzetta Ufficiale» per la pubblicazione della legge di conversione, non ha trovato posto l’ulteriore differimento della moratoria della riscossione. A chiederla, peraltro, non erano soltanto le opposizioni, ma anche un bel pezzo della maggioranza.
L’ultimo tentativo, seppur con il decreto e le fiducia già votati, è arrivato dal Movimento 5 Stelle (Pasquale Maglione) che ha presentato - come ha fatto anche il gruppo misto di Montecitorio (in questo caso la proposta è stata respinta dall’Aula) composto ormai in prevalenza da ex pentastellati - un ordine del giorno in cui si voleva impegnare il Governo a valutare l’opportunità di inserire nel primo provvedimento utile un uovo rinvio della ripresa della riscossione e in alternativa prevedere un metodo che favorisca la possibilità di dilazionare l’invio delle notifiche dando «priorità agli atti urgenti e indifferibili». Il Governo, per non essere messo all’angolo, ha invitato al ritiro dell’ordine del giorno promettendo in qualche modo che monitorerà l’andamento della ripresa della riscossione coattiva affrontando con le autorità competenti (Agenzia Entrate-Riscossione) le situazioni più delicate e maggiormente a rischio.
Da venerdì prossimo si riparte, dunque, con la notifica degli atti di riscossione, di accertamento e con i pignoramenti di stipendi e pensioni. La ripresa, come aveva affermato lunedì scorso il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sarà graduale. Si ripartirà, come detto, da marzo con l’obiettivo di chiudere il nuovo arretrato maturato con il blocco da Coronavirus, nell’arco dei prossimi 6 mesi. Il che non vorrà dire che le cartelle e gli atti targati novembre 2020 arriveranno dopo la Pasqua 2021. Per quelli nuovi si riprenderà da subito, la macchina si rimetterà in moto e saranno “graduali” soltanto le notifiche delle cartelle lavorate da marzo scorso al 15 ottobre 2020.
Si tratta di 9 milioni di atti che riguardano prevalentemente importi ridotti: il 73% infatti interessa somme non superiori fino a mille euro e un altro 15% si colloca nella fascia di valore tra mille e 5mila euro, rendendo del tutto residuale il numero delle cartelle di maggior valore. Uno stock nuovo che andrà ad aggiungersi alla ripresa della riscossione anche per il magazzino di Agenzia Entrate Riscossione: 130 milioni tra cartelle, avvisi di addebito e avvisi di accertamento esecutivo che si sono accumulate nel tempo (e già raccolte in eredità dall’ex Equitalia) che interessano 17,9 milioni di contribuenti. Il 15 ottobre segna, infatti, anche lo spartiacque per la ripresa dei versamenti delle cartelle già notificate e dei piani di rateazione e bisognerà recuperare tutti i pagamenti sospesi per la moratoria entro il 30 novembre. Qualche giorno in più avranno i debitori che avevano scelto o potuto aderire a una delle definizioni agevolate: le rate congelate nel 2020 di rottamazione e saldo e stralcio andranno versate entro il 10 dicembre, senza alcun margine di tolleranza per i ritardi altrimenti si scende dal treno della riscossione con lo sconto.
Del resto, dalle sanatorie è atteso un contributo di 2,4 miliardi agli obiettivi di recupero del 2020, già rivisti al ribasso di quasi il 30% a causa della sospensione motivata dal Covid e che dovrebbero attestarsi tra 6,2-6,4 miliardi.
Resta, però, la questione di fondo di una mole enorme di arretrato ormai difficilmente aggredibile. Anche per questo il numero uno di Entrate e Agenzia Riscossione, Ernesto Maria Ruffini, ha più volte sottolineato nelle ultime audizioni in Parlamento l’esigenza di sfoltire i crediti inesigibili. Una richiesta che potrebbe anche essere accolta nella prossima manovra soprattutto per ridurre adempimenti e costi di notificazione di atti che la riscossione deve comunque effettuare.