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Nulla la delibera maggioritaria che approva lo sradicamento della siepe condominiale

Lo ha stabilito il tribunale di Tivoli con la sentenza 1513/2022

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di Fulvio Pironti

Lo sradicamento della siepe condominiale, oltre a necessitare dell'assenso di tutti i partecipanti, non deve pregiudicare la stabilità e sicurezza dell'edificio. In difetto di tali condizioni, l'innovazione si considererà vietata ex articolo 1120, comma 4, c.c. e la conseguente delibera assembleare nulla ed impugnabile senza limiti temporali. L'importante pronuncia è stata resa dal Tribunale di Tivoli con sentenza pubblicata il 2 novembre 2022, n. 1513.

Il caso
Una condomina, proprietaria di una villa ricadente in un plesso condominiale, impugnava la delibera con cui l'assemblea aveva approvato, per ragioni di sicurezza, la rimozione di una siepe. Evidenziava i gravi pericoli che sarebbero derivati dal suo sradicamento tra cui il cedimento del terreno, la fuoriuscita di acqua e il drenaggio difficoltoso. Deduceva, perciò, la nullità del deliberato assembleare in quanto riguardante la rimozione di un bene comune che avrebbe dovuto essere assunto mediante consenso totalitario. L'estirpazione, oltre ad infrangere il divieto di disboscamento imposto dal regolamento di condominio, ledeva il decoro architettonico dell'edificio.
Il condominio avversava la domanda sostenendo che lo sradicamento della siepe non integrava un'opera innovativa e comunque la decisione assembleare era stata presa con maggioranza qualificata prevista dall'articolo 1136, comma 5, c.c. La rimozione della siepe, oltre a non procurare alcun danno al decoro edificiale, avrebbe finanche restituito ai condòmini una visuale estesa sulla circostante area boschiva. Nessun pericolo sarebbe derivato dalla eliminazione della siepe, né il regolamento di condominio poteva considerarsi violato perché i lavori non avrebbero inciso sul bosco circostante.

La decisione
Il decidente premette che nel lemma «cortile» debbano ricomprendersi gli spazi verdi i quali, seppure non menzionati nell'articolo 1117 c.c., vanno ritenuti comuni. Richiama la giurisprudenza (Corte di Appello Roma n. 478/2008) secondo cui «l'abbattimento di alberi, comportando la distruzione di un bene comune, deve considerarsi un'innovazione vietata e, in quanto tale, richiede l'unanime consenso di tutti i partecipanti al condominio». Si interroga, poi, se l'abbattimento dell'albero possa essere accostato per similarità allo sradicamento della siepe (entrambi rientranti nel novero dei beni comuni) pervenendo alla conclusione che tale assimilazione sia possibile.
Il giudicante verifica, poi, che l'innovazione, rappresentata dalla eliminazione della siepe, integra il divieto di cui al succitato articolo 1120, comma 4, c.c. per il quale sono vietate le innovazioni che pregiudicano la stabilità e sicurezza dell'edificio, alterano il decoro architettonico e rendono talune parti comuni inservibili all'uso o al godimento di un solo condomino.
La consulenza d'ufficio ha preso in considerazione le possibili conseguenze successive alla rimozione della siepe. Avendo sviluppato un intrico di radici, essa contrasta il naturale dilavamento del terreno verso valle per cui ha raccomandato di evitare la eliminazione in quanto frena l'erosione e smaltisce il deflusso delle acque pluvie. In assenza, incessanti piogge determinerebbero dilavamenti con conseguente scorrimento del terreno. Ha posto in evidenza che la rimozione della siepe pregiudicherebbe la stabilità dell'edificio. Ciò integrerebbe almeno uno dei requisiti necessari a sancire il divieto dell'innovazione ai sensi del rammentato articolo 1120, comma 4, c.c. Le siepi, in buona sostanza, vanno rimosse solo se rappresentano un pericolo per persone e costruzioni o nel caso in cui siano state piantate in violazione delle distanze.
Tali presupposti hanno indotto il tribunale tiburtino ad accogliere la domanda dichiarando affetta da nullità la delibera assembleare adottata dal condominio.

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