Nullità della sentenza per mancata fissazione dell'udienza di discussione orale, la Cassazione torna sul diritto di difesa
Nota a Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Ordinanza 24 gennaio 2023, n. 2067
L' ordinanza n. 2067 emessa dalla I Sezione Civile della Corte di Cassazione in data 24 gennaio 2023 ha sancito un importantissimo principio a tutela del diritto di difesa espressamente garantito dagli artt. 24 e 111 della Costituzione.
Questo è il caso concreto: il ricorrente lamenta che la Corte di Appello a qua non avesse fissato l'udienza di discussione orale successiva allo scambio delle comparse conclusionali ritualmente richiesta nel verbale di udienza e non concessa.
Tale omissione o rifiuto implicito avrebbe impedito alla parte di controdedurre alla memoria di replica depositata dalla controparte arrecando pregiudizio al proprio diritto di difesa.
Più precisamente il ricorrente afferma di non avere potuto illustrare alla Corte un precedente giurisprudenziale la cui valutazione arricchiva la propria difesa.
In un primo momento la giurisprudenza della Corte di Cassazione si era attestata sulla necessità che la parte ricorrente che avesse eccepito la nullità della sentenza per la violazione del diritto di difesa derivante dalla mancata fissazione dell'udienza di discussione della causa avrebbe dovuto indicare le ragioni specifiche per le quali tale omissione fosse stata determinante ai fini della decisione.
In particolare, il ricorrente avrebbe dovuto indicare quali argomenti difensivi sarebbero stati portati nella discussione e come avrebbero potuto incidere sulla decisione finale.
Questa giurisprudenza restrittiva era risalente e consolidata nel senso di chiedere queste specificazioni alla parte che avesse lamentato la mancanza della Corte ( Cassazione Civile n. 28188/2020; Cassazione Civile n. 28229/2017; Cassazione Civile n. 18618/2003).
Successivamente a questo orientamento, penalizzante per la difesa, che avrebbe sostanzialmente dovuto ricostruire il contenuto di una discussione e presumere il contenuto di una sentenza diversa da quella impugnata, la questione è stata portata alla valutazione delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
La ragione appare evidente: il diritto di difesa, che ha una plurima tutela costituzionale e rappresenta un cardine stesso del processo, anche civile, doveva essere oggetto di una valutazione da parte del supremo consesso del Giudice di legittimità.
Con la sentenza n. 36596/2021 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che la parte che ricorra avverso una una sentenza affermando la violazione del diritto di difesa per la mancata concessione dell'udienza di discussione della causa, seppur ritualmente richiesta, non ha alcun onere concreto di indicare quali argomentazioni essa avrebbe portato in quella sede processuale per indurre il giudice ad emettere una sentenza diversa.
Il principio – secondo le Sezioni Unite – trova applicazione in tutti quei casi nei quali il diritto di difesa subisce una ingiustificata limitazione su tutto l'arco del processo e quindi anche nei casi in cui il giudice non conceda i termini per le comparse conclusionali ovvero decida la causa prima della scadenza di tali termini.
Appare evidente che la nullità scatta automaticamente nel momento in cui il giudice viola il rispetto dei termini per l'esercizio del diritto di difesa: nel caso in esame alle Sezioni Unite, il mancato rispetto dei termini concessi ex art. 190 c.p.c.
Le Sezioni Unite affrontano quindi il punto della conseguenza derivante da tale inosservanza e da tale nullità «per inosservanza di forme», atteso che non ci sia, nel codice di procedura civile, un'espressa sanzione per questa violazione formale.
In un primo momento, come detto sopra, la nullità travolgeva la sentenza soltanto se la parte interessata avesse fornito una prova deduttiva sul diverso e favorevole esito della controversia.
Ma le Sezioni Unite, con una pronuncia davvero edificante a tutela dei presidi costituzionali del processo civile, hanno affermato che la nullità ha effetti su tutto il procedimento in forza del semplice fatto che il diritto di difesa sia inviolabile in tutte le fasi processuali e che le rare eccezioni – come per esempio i provvedimenti assunti inaudita altera parte nei procedimenti cautelati – sono espressamente normate e hanno carattere provvisorio, come nell'esempio sopra citato.
Una violazione definitiva del diritto di difesa e del pedissequo diritto al contraddittorio tra le parti in ogni fase del processo, invece, appare sin dal principio affetta da nullità insanabile a prescindere dal pregiudizio concretamente subito dalla parte che ne è stata privata proprio per la assoluta intangibilità del presidio costituzionale.
La possibilità di esercizio permanente nell'ambito di tutto il processo civile, stabilito dall'art. 24 della Costituzione, del diritto di difesa per tutte le parti, che comporta il rispetto del principio del contraddittorio, rappresenta quindi una ulteriore applicazione del principio del giusto processo affermato dall'art. 111 della Costituzione.
Non c'è quindi processo nelle modalità previste dalla Costituzione senza diritto di difesa e diritto al contraddittorio, che sono espressioni attuative del giusto processo.
Le Sezioni Unite fanno pure riferimento al procedimento arbitrale, che rappresenta, com'è noto, una forma di «giustizia privata» nel cui ambito disciplinare le parti possono derogare alle scansioni del processo pubblico, ricordando opportunamente che l'art. 829, n. 9, c.p.c. sancisce con la nullità la fissazione di regole procedurali fissate in violazione del principio del contraddittorio, che è peraltro irrinunciabile.
La giurisprudenza di legittimità ha infatti ritenuto nullo il lodo impugnato per questa ragione confermando l'assoluta inderogabilità del principio del contraddittorio che rappresenta un corollario del diritto di difesa ( Cassazione Civile n. 24008/2021; Cassazione Civile n. 28189/2020; Cassazione Civile n. 1099/2016; Cassazione Civile n. 28660/2013; Cassazione Civile n. 2717/2007).
La fattispecie è anche tutelata dall'art. 6 della C.E.D.U., il quale prevede espressamente che il diritto di ogni essere umano al giusto processo sia realizzato tramite il diritto di difesa esplicato nel contraddittorio tra le parti, con una solida giurisprudenza sul punto della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che puntella autorevolmente e in un'ottica sovranazionale la tutela costituzionale data ai cittadini italiani nonché a quelli che agiscono o resistono nel nostro ordinamento giuridico.
La disamina delle Sezioni Unite prosegue con la valutazione di una potenziale eccezione alla nullità della sentenza conseguente alla mancata fissazione dell'udienza di discussione orale della causa senza la prova dell'incidenza di tale omissione sul contenuto della sentenza stessa.
Tale eccezione risiede nel principio della ragionevole durata del processo e del suo corollario di economicità del processo sanciti proprio dal 2° comma dell'art. 111 della Costituzione e quindi anch'essi sotto copertura dalla norma fondamentale dello Stato.
In sintesi, sia il giudice che la controparte potrebbero sostenere che l'udienza di discussione orale della causa, in presenza delle comparse conclusionali, sia ultronea e abbia il solo effetto di dilungare ingiustificatamente il processo con pregiudizio alla sua ragionevole durata: violazione che peraltro espone lo Stato alla responsabilità risarcitoria nei confronti della parte danneggiata, come stabilito dalla L. n. 89/2001.
L'eccezione non appare tuttavia superabile in quanto le Sezioni Unite hanno precedentemente affermato che il principio del giusto processo non si realizza soltanto tramite la sua ragionevole durata ( Cassazione Civile S.U. n. 5700/2014; Cassazione Civile n. 9558/2014).
In questa sede osserviamo che la ragionevole durata del processo è un principio posto nell'interesse della parte e quindi ha la funzione di apportare un'ulteriore tutela proprio al diritto di difesa, che non può essere sacrificato in nome di un suo corollario.
Appare infatti evidente che se una parte ha il diritto di non essere esposto a tempo indeterminato alla incertezza derivante da un giudizio, anche civile, tale diritto rientra nel più ampio diritto di difesa.
La ragionevole durata del processo non può pertanto inficiare il diritto di difesa anche perché essa dipende in gran parte dai poteri direttivi del processo che il giudice ha per legge ma che non possono estendersi sino alla limitazione delle prerogative costituzionali delle parti.
Va infatti ricordato che un corollario del giusto processo consiste nel diritto della parte di avere una decisione nel merito e non nel rito, il quale può realizzarsi solo se il diritto di difesa potrà essere esplicato per intero e in tutto il giudizio ( Cassazione Civile n. 4109/2007 ).
La sentenza annotata ha fatto quindi corretta applicazione dei principi sopra descritti che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno recentemente affermato, ricordando implicitamente anche la necessaria cooperazione tra giudice e avvocati che sta o dovrebbe stare da sempre alla base del processo civile.
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* A cura di Antonio Onofrio Campione, Avvocato Cassazionista - Partner 24 ORE Avvocati