Penale

Omicidio stradale non aggravato: l'applicazione della revoca della patente di guida va sempre motivata

La Suprema corte ha ribadito l'obbligo di esaustiva motivazione cui è tenuto il giudice di merito laddove si determini per l'irrogazione della sanzione accessoria massima prevista dal Cds

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di Aldo Natalini

In tema di omicidio stradale, nei casi non aggravati della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti di cui all’articolo 589, commi 2 e 3, del Codice penale, qualora il giudice applichi, in sede di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, deve dar conto puntualmente delle ragioni della scelta operata, avuto riguardo agli specifici parametri di cui all’articolo  218, comma 2, del Codice della strada, facendo riferimento all’entità del danno, alla gravità della violazione e alla tutela della collettività, in relazione al pericolo che il perdurare della circolazione possa arrecare, in termini prognostici, alla sicurezza della stessa.

Così la Quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 13747/2022, depositata l’11 aprile scorso, con cui la Suprema corte, pur rigettando il ricorso degli imputati, ha ribadito l’obbligo di esaustiva motivazione cui è tenuto il giudice di merito laddove si determini, discrezionalmente, per l’irrogazione della sanzione accessoria massima prevista dal Codice della strada, ferma la possibilità di compire – ha puntualizzato – una valutazione complessiva senza la necessità di un’analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto.

La sentenza costituzionale n. 88/2019 sugli automatismi revocatori

La sentenza in rassegna si inserisce esattamente sulla scia della sentenza costituzionale n. 88/2019, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale - per violazione dei principi di ragionevolezza, eguaglianza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione - dell’articolo 222, comma 2, quarto periodo, del Codice della strada nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del Cpp, per i reati di cui agli articoli 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa, ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’articolo 222 del Cds, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi 2 e 3 degli articoli 589-bis e 590-bis del Cp.

Si legge nella motivazione della citata pronuncia del giudice delle leggi che “nell’articolo 222 Cds l’automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente più gravi, dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal secondo e dal terzo comma sia dell’articolo 589-bis, sia dell’articolo 590-bis del Cp) o sotto l’effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l’incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime. Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice”.

Il caso di specie

Il caso al vaglio della Cassazione rientrava proprio nelle ipotesi previste dall’intervento correttivo della Corte costituzionale, poiché non risultavano contestate ai ricorrenti le aggravanti del reato di omicidio stradale della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

La difesa – che aveva interposto ricorso per cassazione averso la sentenza di applicazione pena su richiesta delle parti per il reato di cui agli articoli 113 e 589-bis del Cp, recante altresì la revoca della patente di guida – aveva dedotto la violazione e l’erronea applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 218 e 222 del Cds, oltre al vizio motivazionale in ordine alla determinazione della sanzione amministrativa accessoria massima, sostenendo che il giudice di prime cure si sarebbe limitato a formulare giudizi astratti (gravità della violazione, entità dei danni e pericolo per l’ulteriore circolazione), senza alcun riferimento alla fattispecie concreta: nella specie il decidente, senza tener conto del portato della sentenza costituzionale n. 88/2019, non avrebbe svolto alcun giudizio prognostico in ordine alla concreta pericolosità di una perdurante circolazione dell’imputato, essa non potendo essere giustificata alla stregua della macroscopica gravità dell'infrazione.

Il dictum: revoca della patente, obbligo di motivazione e criteri di riferimento

La Suprema corte, pur condividendo – implicitamente – le premesse argomentative da cui muoveva la difesa, ha rigettato il ricorso degli imputati ritenendo che il locale tribunale, nell’applicare la sanzione amministrativa accessoria più afflittiva, ha congruamente esposto le ragioni dell’operata scelta sanzionatoria. Ciò in conformità all’indirizzo di legittimità – oggi ribadito dalla sentenza in rassegna – secondo cui “in tema di omicidio stradale, il giudice che, in assenza delle circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, deve dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds” (Cassazione penale, Sezione IV, n. 13882/2020, Vivaldi, Ced 279139; nel senso che l’obbligo di motivazione debba essere assolto, non già in base ai criteri generali di cui all’articolo 133 del Cp, ma in base ai diversi parametri di cui all’articolo 218, comma 2, del Cds, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento, vedi Sezione IV, n. 4740/2021, Di Marco, Ced 280393).

Nella specie – rilevano i Supremi giudici – il giudice ha fatto espresso rinvio al tipo di violazione che aveva riguardato una regola cautelare ritenuta tanto elementare, quanto fondamentale per la circolazione (quella cioè di fermarsi in prossimità di attraversamento pedonale), e tale da costituire regola esperienziale, prima ancora che normativa, valutandola, dunque, in termini di particolare gravità (quanto all’entità del danno apportato valendo la implicita considerazione che, nella specie, si era trattato della morte del pedone investito), cosicché la sanzione prescelta è stata ritenuta l’unica a tutela della sicurezza pubblica.

Alla stregua di tale considerazione, pertanto, la Corte regolatrice ha ritenuto che, nella vicenda al vaglio, il giudice abbia congruamente motivato l’operata scelta discrezionale, avendo valorizzato, da un lato, criteri espressamente previsti dall’articolo 218, comma 2, del Cds, operando, dall’altro, anche la prognosi di pericolosità proprio alla stregua della particolare gravità della violazione posta in essere, tale che solo la misura più afflittiva – la revoca della patente, per l’appunto – è stata ritenuta idonea a salvaguardare la sicurezza pubblica.

In ogni caso – ha rimarcato, conclusivamente, la Cassazione, con ciò ribadendo un indirizzo già espresso in passato – gli specifici criteri di cui all’articolo 218 del Cds costituiscono meri parametri di riferimento per orientare la decisione giudiziale, sottraendola all’arbitrio e consentendo il relativo controllo giudiziale su di essa; ne deriva che la loro valutazione può anche essere operata complessivamente, sicché pur nella riconosciuta diversità dei parametri di riferimento – articolo 218, comma 2, del Cds in luogo dell’articolo 133 del Cp – per assolvere adeguatamente all’obbligo di motivazione è sufficiente che il giudice enunci, anche in maniera sintetica, l’eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri applicati. Tale valutazione, infatti, rientra nella sua discrezionalità e non postula una analitica esposizione dei criteri adottati per addivenirvi in concreto (Cassazione penale, Sezione II, n. 12749/2008, Gasparri, Ced 239754; Sezione III, n. 48304 del 20/9/2016, Gioia, Ced 268575; vedi già Id., n. 15811/1990, Leonardi, Ced 185876; da ultimo, nel senso della sufficienza anche del mero richiamo alle “circostanze del fatto” e/o alla “gravità della condotta”, vedi Sezione IV, n. 11479/2021, Conci, Ced 280832).

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