Otto sintomi per individuare la sindrome di alienazione parentale
Affidamento esclusivo al papà se la madre, estromettendolo dalla vita della figlia, ne viola il diritto alla bigenitorialità. Una soluzione estrema ma necessaria in presenza degli “otto sintomi” della sindrome di alienazione parentale. Lo afferma, elencando i fattori-specchio della manipolazione affettiva, il Tribunale di Brescia con la sentenza 815 del 22 marzo 2019.
Vittima, una bimba di dieci anni che – complice la collocazione presso la madre – inizia a manifestare un’immotivata avversione verso il padre sfociata, con il tempo, nell’ostinato rifiuto di incontrarlo. Ad allarmare, poi, la circostanza che il deterioramento della situazione si fosse inesorabilmente aggravato nonostante il costante monitoraggio dei Servizi sociali e l’assenza di evidenti mancanze paterne. L’uomo, infatti, si era mostrato sempre «attento alle richieste e ai bisogni della figlia», partecipe della sua vita e aveva dato prova di avere «buone competenze nel rapportarsi» con lei, riuscendo a non reagire alle sue critiche.
Per il consulente, il quadro era chiaro. La ferma volontà della piccola di non vedere il papà era inquadrabile nella Pas (sindrome di alienazione parentale): «Controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi». Del resto, puntualizza nella relazione, gli «otto sintomi» utili a «valutare i punti critici nelle relazioni disfunzionali tra il minore e il genitore rifiutato» c’erano tutti. Segnali - questa è la novità della pronuncia lombarda - che vengono messi nero su bianco diventando fulcro e parte integrante della sentenza.
In particolare, si tratta: «1) della campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante; 2) razionalizzazione debole dell’astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali; 3) della mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino “tutto negativo”, mentre l’altro genitore è “tutto positivo”; 4) del fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore; 5) dell’appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante; 6) dell’assenza di senso di colpa; 7) degli scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente; 8) dell’estensione dell’ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato».
Indici ravvisabili nella vicenda, considerato che la madre - pur esortando verbalmente la minore a mantenere un sano e costante rapporto con suo padre - si era, in realtà, adoperata per «minarne le fondamenta» avendolo, in varie occasioni, infamato, denigrato ed escluso dalla sua quotidianità. E se tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali «a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena» (Cassazione, 6919/16), quella condotta malevola andava “sanzionata” con un giudizio di inadeguatezza incompatibile con il regime condiviso. Modalità di affidamento, conclude il Tribunale, «sterilizzata» dal conflitto familiare e dal pregiudizio arrecato alla bambina. Ben ponderata, quindi, la scelta di affidarla in via esclusiva al padre, rivelatosi il genitore più idoneo a curarne gli interessi.